A Beppe Grillo non far sapere…

Monti: un “centrino” da tavola? Ma non vi viene da sorridere, per questo nuovo “coniglio mannaro” (la definizione originale è di Gianpaolo Pansa, che la coniò per Arnaldo Forlani), uscito dalle urne senza più denti? Domandate a lui come si deve intendere questa strabiliante “amministrazione ordinaria”, per la quale il suo governo resta ancora in carica. In barba ai costituzionalisti “emeriti”, o demeritanti, la ragione è dalla sua parte, visto che non esiste una legge avente forza costituzionale che regoli il perimetro d’azione di un governo dimissionario. Il Belgio, se non vado errato, è vissuto molto dignitosamente, con una vacatio di più di un anno e mezzo, prima di dare vita a un nuovo esecutivo. Giusto, quindi, che Monti proceda a consultare i leader riconosciuti dei maggiori partiti, per avere opportune indicazioni sulla posizione italiana, in vista del prossimo vertice europeo di metà marzo.

Anzi: proprio questa sua debolezza costituisce una vera forza, in quanto limita significativamente i margini di manovra del Presidente del Consiglio, a favore di posizioni meno intransigenti sul rispetto dei vincoli di bilancio, da parte nostra. Bruxelles, infatti, comincia a temere (finalmente!) quella che i suoi autocrati definiscono come un’ondata di populismo contro l’Europa, l’Euro e l’Eurocrazia. Come dare loro torto? In più di sessanta anni, “Lor Signori” non sono riusciti a darci né una lingua, né un governo comune, ma solo una moneta che sta riducendo in povertà il Sud del Vecchio Continente, che prima del 1° gennaio 2002 se la cavava piuttosto bene. Perché noi italiani non proviamo seriamente a investirci del ruolo di “inglesi del Mezzogiorno d’Europa”? Rivendichiamo tutta l’autonomia possibile, introducendo nei trattati le “nostre” clausole di “opt-out”. Smantelliamo la Pac, che fa infinitamente comodo a francesi e tedeschi, felici di distruggere e desertificare la nostra agricoltura di qualità. Imponiamo alle industrie belliche di Germania, Francia e Inghilterra di contribuire a una difesa comune, anziché cavalcare i loro “campioni nazionali”, che ci rendono collettivamente un nano politico nei confronti di Stati Uniti e Russia.

Obblighiamo le banche europee e internazionali ad addivenire a una moratoria a favore dei paesi più indebitati, accettando una svalutazione del 30% sui titoli dei debiti sovrani in loro possesso! Perché banche e banchieri hanno continuato a guadagnare, dopo aver rovinato mezzo mondo con le loro bolle speculative? In altre parole: utilizziamo il successo di Grillo e lo scontento generalizzato dei nostri cittadini nei confronti dell’Europa, per ridare fiato alle imprese sull’orlo del fallimento, per colpa dello stato che non paga e del Patto di Stabilità, che non permette di saldare i conti ai fornitori degli enti pubblici territoriali. Obblighiamo la Bce a finanziare i rimborsi dei crediti vantati dai privati, nei confronti del sistema pubblico, invece di dare migliaia di miliardi alle banche per acquistare titoli di Stato, il cui pagamento degli interessi ci impedisce l’adozione di qualsiasi misura antirecessiva efficace.

Poi, come dicevo, lasciamo pure in bilico sull’asse dell’amministrazione ordinaria il Governo Monti, per tutto il tempo che sarà necessario al nuovo Parlamento per adottare una nuova legge elettorale, dettare regole per il drastico taglio dei costi della politica e per la riorganizzazione territoriale dello stato-amministrazione (abolizione delle Province; accorpamento dei piccoli comuni; avvio del lavoro a distanza generalizzato, per tutte le attività amministrative di “back-office”; adozione delle misure per ridurre il “digital-divide”, etc..). Intanto che Monti amministra “provvisoriamente”, è bene che i due terzi del Parlamento, Grillo escluso, impostino una bella legge elettorale con collegi uninominali a doppio turno, per Camera e Senato (magari emendando il bicameralismo perfetto, attraverso l’art. 138 della Costituzione, con un doppio passaggio rapido -così come accaduto per il Fiscal Compact, ricordate?- in entrambe le Camere). Vedrete che una misura così semplice spazzerà via per sempre tutti gli eletti del M5S, che sono arrivati in Parlamento grazie a “parlamentarie” farsa, in base alle quali, per essere collocati a capolista (in liste bloccate!) bastavano poco più di un centinaio di preferenze espresse via web.

Il collegio uninominale, invece, rappresenta un vero e proprio “ring”, in cui si misurano i più dotati ed esperti, tra le donne e gli uomini politici. Poi, però, dato che i costi delle candidature, nel caso dell’uninominale a doppio turno, tendono a essere molto elevati, occorre che si istituisca, a garanzia del procedimento democratico, un Fondo unico nazionale di sostegno, con quota-parte a fondo perduto, uguale per tutti. Per il resto, il singolo candidato potrà autofinanziarsi, per coprire le spese elettorali in eccesso, accendendo mutui ultra agevolati con il Fondo stesso, con trattenute automatiche sullo stipendio, se eletti, oppure attraverso una rateizzazione trentennale degli importi, per i candidati esclusi. Questo, secondo me, rappresenta un “giusto” finanziamento della politica.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:51