
Il nuovo Ccnl del settore telecomunicazioni, ipotizzato fra le parti il 1° febbraio scorso (ora all’esame delle assemblee di 130mila lavoratori di 45 imprese), dopo una trattativa di 13 mesi ha introdotto una nuova modifica al capitolo Telelavoro (art. 22). Invariati i primi 15 commi, nell’ipotesi Ccnl Tlc ‘13 viene introdotto un importante istituto bilaterale, l’Osservatorio Nazionale sul Telelavoro. L’istituto viene buon ultimo nell’ambito dei momenti di lavoro congiunto tra i rappresentanti datoriali e dei lavoratori concordati in dieci anni di contratti Tlc, seguendo l’Osservatorio Nazionale bilaterale paritetico sulla videosorveglianza; composto da sei rappresentanti sindacali e 6 imprenditoriali; il Forum nazionale Ict/Tlc, l’Agenzia Bilaterale per la Formazione ed il Fondo di previdenza integrativa Telemaco.
Gli istituti bilaterali per la loro natura di accordi sul campo tra le parti sociali, anche quando creati, possono avere diverse velocità di funzionamento effettivo; corrispondono all’idea di gestione congiunta delle attività industriali tra capitale e lavoro, che se da un lato è l’opposto dell’ideologia del perenne conflitto distruggente tra le parti, dall’altro lato, non è considerato obiettivo ultimo anche per una gran parte del sindacato disposto alla collaborazione ed all’intesa di compromesso tra gli interessi determinat dalla contrattazione. Sulla previdenza il lavoro bilaterale è molto sviluppato, anche se fatica a conquistare le adesioni delle ultime leve dei lavoratori. Sulla formazione, l’istituto di settore, istituito ancora nel contratto 2008, stenta a decollare anche per la fattiva attività, ad un livello più generale, di Fondoimpresa, istituto bilaterale dell’intero mondo industriale. Attivo è stato il lavoro bilaterale sul delicato tema della videosorveglianza che deve oggi conciliare privacy, Statuto dei Lavoratori ed il presupposto stesso dello sviluppo tecnologico delle smart cities, cioè la messa a "big data open" di ogni cosa e persona rientrante nei luoghi sensibili urbani.
Risultato è stato il Documento delle Parti sulle buone prassi in materia di controllo a distanza, emesso dall’Osservatorio il 17 giugno 2011. Ora alla prova dei fatti sta il nuovo Osservatorio. Nazionale sul Telelavoro. I suoi dodici membri, metà sindacali, metà datoriali analizeranno, proporranno, si confronteranno con esperti ed altri soggetti della filiera, se il loro “centro di competenze” produrrà sviluppo. In quel caso si arriverà anche alla divulgazione dei risultati dell’Osservatorio ed ad atti politici congiunti, l’ipotizzato “avviso comune” rivolto alle istituzioni pubbliche. In caso contrario, l’istituto resterà, come già avvenuto altre volte un’occasione perduta. Sui luoghi di lavoro, non si è all’Università; non basta decantare le tematiche relative all’utilizzo delle più moderne tecnologie Ict (Information & Communication Technology). Le attività devono tradursi in fatturati e posti di lavoro. L’Agenda e l’Agenzia Digitale approvate l’anno scorso, per esempio hanno dato particolare attenzione al telelavoro, sia per il coinvolgimento dei disabili, sia per obbligare la P.A. centrale e locale a redigere sul proprio web un “piano per l’utilizzo del telelavoro“ed a specificare i motivi dell’eventuale impossibilità dell’applicazione del telelavoro.
L’Ass. Stati Generali dell’Innovazione, un gruppo di docenti ed appassionati, senza alcuna particolare rappresentanza, si è data il merito delle modifiche all’uopo dell’art 4, L. 4/04. Gli Sgi sicuramente hanno la capacità, come tante altre associazioni di essere vicine ai decisori di turno. Il risultato è una norma manifesto che costringerà le PA ad acrobazie letterarie senza toccare l’organizzazione che allo stato attuale senza precisi poteri cogenti istituzionali, non è obbligata ad alcunchè, malgrado le osservazioni cui si ridurrà l’Agenzia di Ragone. Inutile citare l’americano Telework Enhancement Act del 2010, che ha rafforzato un processo nel quale il 5.24% dei 103mila lavoratori delle 78 Agenzie Federali sono telelavoratori. In Italia siamo allo 0,002% e per cambiare ci vogliono un accordo quadro Aran (che fa monitoraggio sul telelavoro dal 2000) - Pubblico Impiego ed il ritorno ad un centralismo organizzativo sugli altri enti. Sarebbe preferibile cominciare a costruire una nuova PA digitle da zero. Meglio va il settore privato dove i 95 Ccnl che prevedono telelavoro lo attuano per 55mila lavoratori, 7% della base firmataria. Media finale, il 5% di telelavoro dell’Osservatorio Smart Working Politecnico Milano.
Il confronto tra gli accordi sul telelavoro del dicembre ‘11 conclusi per il settore Personale TelecomItalia e per Fastweb, evidenzia nel primo caso, il riconoscimento del lavoro mobile accanto al tradizionale lavoro da casa con il computer. L’accordo Fastweb ribadisce un Contratto individuale di Telelavoro a Domicilio,con tutte le garanzie di revoca, di vita sindacale, pari opportunità, specifiche dell’adeguamento dello spazio domiciliare dedicato con le allegate regole di sicurezza e potere ispettivo bilaterale. In quello Telecom c’è questa soluzione; ed in più c’è un’altra possibilità: quella di gestire il lavoro in autonomia e mobilità con un giorno settimanale di presenza aziendale. La complicata attrezzatura del passato dedicata al telelavoro domiciliare, si semplifica nel portatile, già utilizzato abitualmente. Le modalità di entrata-uscita dall’orario si trasforma in Sms-Im- Email come le altre comunicazioni con la scala gerarchica, i colleghi ed i clienti. I dati aziendali, tutti, sono sul cloud; gli strumenti di analisi, di workflow e di programma, anch’essi sono in remoto ed i dati utili individualmente sono sul palmare-notebook.
Gli ambienti di lavoro, casalinghi come di imprese terze sono dotati di connessione wireless. Modalità elastiche e informali, da caratteristica dirigenziale si fanno pratica diffusa, con più produttività, più tempo dedicato al lavoro, malgrado il continuo venir meno dello straordinario (nell’ultimo contratto vi rinunciano anche alcuni profili part time). Il lavoro mobile cresce con la maggiore autonomia decisionale, imposta dal mondo Internet-Intranet e dalle attività collaborative su rete, che hanno preteso nel settore Tlc (ma non nei call center) maggiore autonomia a tutti i livelli, minore necessità della lunga catena di comando e l’appiattimento egualitario delle funzioni nelle diverse aree. La conclusione è facile. Il lavoro mobile è necessario non per le "smart cities" o l’ambiente, ma per eliminare drasticamente la mobilità e le migrazioni; per i risparmi (se non c’è opposizione impiegatizia). Pone problemi esistenziali al senso delle carriere e dei livelli professionali; rende liquida l’organizzazione del lavoro. Confonde il controllo a distanza aziendale con quello territoriale, ponendo anche la persona dentro l’Internet of Things. Richiede nuovi diritti. la difesa più che della privacy, della libertà di comportanento. Chiede un sindacato virtuale a fianco di quello reale. Finora, all’italiana, il lavoro mobile è stato affidato ai tantissimi passati dal lavoro dipendente a quello autonomo, senza sindacato, senza diritti, poca privacy e diritto ad una magra evasione fiscale. Perché si imponga in azienda, ci vuole una volontà politica sociale bilaterale se non trilaterale, prima ancora che politica.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:39