L'ultima speranza di Marco Pannella

Pannella ha ancora una speranza. È vero che la sua lista “Amnistia, Giustizia e Libertà” ha toccato il minimo storico del consenso ai radicali. È vero che per la prima volta dal 1976, dopo trentasette anni, Emma Bonino non siederà, non rimprovererà, non presiederà più un’aula parlamentare. E sarà imbarazzante proporla alla Presidenza della Repubblica per l’ennesima volta. Ci sarà l’alibi dell’oscuramento televisivo e ci saranno occasioni per fare ricorsi di qua e di là. Chi ha sostenuto che i radicali, rinunciando a un simbolo di partito, abbiano perso voti, sono in torto. Conscio che avrebbe avuto ancora meno elettori, il partito di Torre Argentina, in un’elezione caratterizzata dal voto di scambio con proposte specifiche in cambio del consenso, si è proposto come il massimo interprete del “do ut des”. Ha cercato di essere il partito delle famiglie degli incarcerati, preventivi inclusi; l’antipartito dei giudici di sorveglianza. Neanche questo è servito.

A Radio Radicale, nelle giornate convulse del voto, molti appassionati, militanti, iscritti, amici e nemici si chiedevano il perché. Non credevano all’evidenza; di come un popolo, desideroso di diritti, di trasparenza, di onestà, di battaglie civili e diritti umani, non votasse i radicali. In realtà non c’è da stupirsi. I radicali pagano la terzietà nella guerra civile tra destra e sinistra; essersi fatti eleggere un po’ di qua e un po’ di là. Pagano l’attenzione scrupolosa ai formalismi anche quando servano ad impedire l’espressione concreta dei diritti, come esercitare il potere dopo un voto a larga maggioranza o poter presentare una lista che ha larga probabilità di riscuotere il maggior numero di consensi. Pagano l’amore per la politica in quanto tale e la convinzione che tutti debbano contribuire economicamente a questa loro passione. Pagano la lotta per l’amnistia condotta né contro i magistrati, né al loro fianco; pagano l’incapacità di accusare direttamente la magistratura, loro che accusano tutti di essere illegali.

I radicali non sono l’Italia giusta come l’interpreta il Pd di Bersani; né l’Italia del male che non vuole essere giusta, anzi rovescia completamente i parametri di giustizia e onestà interpretati dai postcomunisti. Soprattutto pagano l’adorata, esaltata, idolatrata Bonino. È Emma, però il vulnus. L’Emma voluta dai salotti buoni e dai poteri forti, l’Emma che era così a suo agio con Prodi, in casa come in Cina; l’Emma, fresca di parrucchiere come la Bindi e Realacci. Una radicale che da tempo non ha più i segni di combattimento sul volto alla Bernardini, ma quelli di una vita da corte, peggiorata, e solo fino ad un certo punto, dall’età. Una via di mezzo tra Montalcini e Litizzetto invecchiata, un cocktail di acidità, secchezza,durezza, da terribile madre monastica, a capo del corteo dei parenti e delle mogli dei grandi invalidi e della corte dei miracoli. Una corte che l’Emma fin troppo evidentemente sfruttava, sfrecciando tra un alto ed un altro ancor più eccelso impegno.

Dati, vicende e caratteristiche che i radicali con sogghigno rimanderanno al mittente, riportandole magari nel loro volume delle frasi immorali dell’Italia illegale. Come tanti altri partiti leaderistici, i radicali sono legati a doppio filo con Pannella. Senza di lui, non sopravviveranno e non ci saranno Emme che tengano. Anche senza i cosiddetti compagni radicali, la Bonino troverà un qualche seggio su cui appollaiarsi, querula, noiosa, petulante, ripetitiva, secca, boriosa, stizzosa, autoritaria, acida. Pannella, però ha una speranza. Si chiama Della Vedova, l’unico esponente eletto del partito di Fini. Dopo aver abbandonato al loro destino salmoni, libertiamo, zero+ e Cisnetto, dopo aver minato la credibilità degli ingenui veri amici di Fini, dopo aver superato in opportunismo gli ex del Secolo d’Italia, il sondriese ha fatto il capolavoro di escludere dai seggi l’ex capo Msi, con una abilità da circonvenzione d’incapace che desta meraviglia. Con un percorso obliquo ed incredibile - Radicali, Salmoni, Pdl, Fli, lista Monti – il nostro ha fatto brillare la stella radicale al massimo grado: una stella sfigatissima, nel senso che porta sfiga agli altri. Ora è in una truppa casiniana, cislina, riccardiana, ciellina, cooperativistica.

L’unico augurio che gli si possa fare è di fare tanto male a quel che resta del popolo Dc, quanto ne ha fatto, lui e compagine, al mondo laico, disperdendone il significato, la forza, la compostezza, la compatezza. Il mondo cattolico, scosso da San Pietro e dall’urna vuoti, è nelle condizioni ottimali per subire la tempesta perfetta della fantasia radicale. Ogni volta che si osserva un Parlamento e si rimane sgomenti dalle facce, dalle espressioni, dai curricula, dall’evidente limitatezza ed incapacità dei normali professionisti della politica, si cambia poi idea di fronte ai super redivivi e supertrasformisti Depretis. I deputati normali saranno limitati, con una mezza opinione, con poche idee, magari nessuna; possono scontentare l’elettore, restando nell’ambito della capacità di giudizio di quest’ultimo. I superdeputati radicali non lasciano scampo all’elettore che non può prevedere dove come e perché il suo voto finirà; nel caso si ritroverà tacciato di illegalità, perché sognava ancora di poter disporre di una sua opinione. Magari a fine marzo per protestare in piazza contro la guerra dichiarata dalla giustizia al paese, verrà pure Pannella ed inviterà Della Vedova che per l’occasione si accompagnerà della Lanzilotta e si dichiarerà neoradicale parteggiando per un Berlusconi di cui Flores D’Arcais ha già chiesto l’arresto.

Si raccomanda a laici e centrodx di non accogliere né lui, né la signora, né l’anziano che li segue; di fare il contrario di quanto dicano, di andare dalla parte opposta rispetto a quella da loro indicata; di non voler sminuire il ruolo e la coerenza di un Mellini di Giustizia Giusta, o di un Lehner a favore dei due - gatto e volpe (fata turchina annessa) -, più abili a impadronirsi della scena. Dopo tante vedove politiche inconsolabili, lasciate fuori dai seggi, sarà meglio che gli isolati radicali, l'ultima sfortuna vedovile se la scambino soli, tra di loro, a goder del “fin della politica che è la maraviglia, chi non la sa far vada alla striglia”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:51