
Silvio è oggettivamente il più bravo, quando si gioca la champions league delle elezioni. Un talento senza eguali. I mediocri antagonisti vomitano il loro odio e la loro malcelata invidia, con il risultato esattamente contrario allo scopo sperato: la fine del Caimano. Mettono in campo pezzi importanti della Magistratura di partito, anchorman da Nobel, figure di alto rispetto, Zagrebelsky, Fini, Bocchino, giornalisti famosi Scalfari, Giannini, Lerner, gente importante dello spettacolo Celentano, Claudia Mori, Mannoia, De Gregorio, Claudio Amendola, professorini a posto fisso nelle Università, Chiara Saraceno (l’unica cosa che sa dire di vergognarsi di essere italiana), giovani candidati, Ambrosoli.
Ma occorre ammettere che il PdL ha perso 6,2 milioni di voti. Certo molta responsabilità potrebbe essere ascritta al tradimento di quel genio di Fini, ma ora o mai più si impone un cammino per la riconquista della maggioranza, altrimenti lo sforzo del “Leone” potrebbe essere di breve durata. Ed allora non si può mandare in giro la Carfagna a difendere la reputazione del popolo di centro destra. Senza antipatia, non ha i requisiti per rappresentare non dico il popolo del centro destra, ma neppure il condominio di palazzo Grazioli. Fare finta che non è successo nulla, sperare sul futuro miracolo di Berlusconi, presentare le stesse facce, gli stessi inadeguati personaggi in giro per l’Italia vuol dire che tra poco, quando si ritornerà a votare, forse la sola forza del Cavaliere non sarà sufficiente, per fermare il declino, per evitare l’annientamento. Semplice buon senso. Capisco l’affetto per i fedeli parlamentari che non hanno tradito nel giorno delle Idi di dicembre, ma non basta.
Gli onorevoli che siedono in Parlamento (molti senza voti personali), grazie ai voti di Silvio, devono rimanere nelle stanze di Montecitorio e Palazzo Madama e seguire le complesse procedure istituzionali. In video e nelle piazza devono andare i professioni della lotta politica, gente di talento. Invece delle risibili primarie modello PD, occorre avviare una selezione di nuovi rappresentanti del PdL, a livello locale, secondo i collaudati criteri in uso nelle aziende del Cavaliere. Per rappresentare il centro destra tra la gente, tra coloro che sono di orientamento “centro destra” e che a breve dovranno rivotare, vanno mandati donne e uomini che siano all’altezza del compito per conquistare la fiducia dei cittadini italiani. La Carfagna, non ce ne voglia, è sine titulo per questo compito gigantesco. La cantilena “per il bene del Paese” è consunta e fuori tempo massimo.
La festa è finita. Personaggi come la Maraini, Pancho Pardi, Ruotolo, la Borromeo, la passa microfoni Innocenzi, la Gambassi, Vauro ed anche la Carfagna per un certo verso, belle persone, sono tramontate. La Politica, disciplina difficile e complessa per le molte competenze che richiede, ha bisogno di protagonisti di altissimo livello, attrezzati nei campi della economia, della finanza, della sociologia, del diritto, della comunicazione, come pure della ecologia e dello studio delle tecniche organizzative e tanto di più. La Carfagna proprio non va. Un errore del genere non lo farebbe neppure Ingroia. Capisco che recita bene il ritornello della difesa del leader, sistematicamente dileggiato dal popolo della sinistra, ma non serve, si delegittimano da soli appena esce qualche scaldaletto, qualche ruberia di periferia. I duri e puri sono gente di carta che appena piove si liquefano. Non ci sono riusciti il severo Monti e recentemente quell’ubriacone del tedesco Peer Steinbruck, che, oltre ad essere sine titulo per ben più importanti incarichi, non ha l’eleganza e l’aplomb della Carfagna, con l’aggravante che non fa neppure ridere e già sarebbe positivo, considerato che il buon umore libera endorfine.
Lo diciamo senza preconcetti la Carfagna non ha né i requisiti tecnici né politici per sostenere l’impatto con i nemici del liberalismo, della democrazia del lavoro, dell’economia del benessere, di una equilibrata distribuzione delle ricchezza, dell’abbattimento dell’apparato pubblico, di una nuova organizzazione istituzionale, della riduzione di una parte della improduttività della spesa pubblica, dei principi aziendali da applicare anche agli Enti pubblici. La vittoria di Grillo ha una sua connotazione positiva: uscire dalla palude delle stucchevoli discussioni politiche in TV, dominio dello stupidario nazionale ed avviare la concreta politica della libertà. Silvio, con tutti gli applausi che merita, non può mandare la Carfagna nella tana di Santoro & Co per difendere le ragioni del popolo di centro destra. Si ritorna al 17% e li si resta. Si vota di nuovo ed anche se non è positivo, può essere un’opportunità per ritornare a vincere. Possono le frasette da autobus (per dirla con Moretti) della Carfagna a convincere i delusi elettori del centro destra a ritornare nel partito di appartenenza? Certo che no. Con tutta la buona comprensione e tolleranza non è proprio la Carfagna che può sostenere la legittimazione del popolo delle libertà nell’immaginario collettivo stordito da quella potente disinformazione di sinistra che opera in ogni dove.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:00