
Ricordare che gli avvocati l’avevano detto non risulta consolatorio, specialmente per tutti gli automobilisti che hanno pagato e pagano l’assicurazione obbligatoria per il proprio veicolo. Il pagamento per la Rc auto (responsabilità per i danni provocati da infortuni) in Italia è il più caro d’Europa: +100% rispetto alla Francia; +80% rispetto alla Germania. Questo il risultato di una indagine dell’Antitrust nel settore assicurativo in Europa. Gli italiani pagano i premi più alti d’Europa, le nostre tariffe crescono più velocemente rispetto ai principali Paesi dell’Unione Europea. Il premio medio pagato dagli italiani è più del doppio di quelli di Francia e Portogallo, mentre supera quello tedesco dell’80% circa e quello olandese di quasi il 70%.
Sostiene l’Antitrust che l’introduzione del risarcimento diretto nel 2007 non ha portato i benefici prospettati: maggiore concorrenza ed abbattimento dei premi assicurativi. Paradossalmente, l’indagine accerta che, analizzando le polizze reali, proprio dopo l’introduzione del risarcimento diretto, si sono verificati gli aumenti maggiori. Sembra che l’introduzione dell’indennizzo diretto abbia prodotto l’esatto contrario: la tariffe sono aumentate “più di tantissimo”. Come sempre i più penalizzati: pensionati con vetture di piccola cilindrata, i giovani con ciclomotori e i quarantenni; aumenti del 20% per i neo-patentati. Ed ancora le province nelle quali sono stati riscontrati gli aumenti più significativi sono localizzate nella maggior parte dei casi nel Centro-Sud. Ma non tutti i mali vengono per nuocere ed ecco la sfavillante nuova proposta dell’Antitrust: modificare il sistema del risarcimento diretto introducendo meccanismi che incentivino il controllo dei costi da parte delle compagnie assicurative, per recuperare efficienza e trasferirne i benefici ai consumatori in termini di premi più bassi.
Tradotta in termini comprensibili la formula “meccanismi che incentivino il controllo dei costi da parte delle compagnie assicurative” significa che con la successiva indagine dell’Antitrust invece del +100% gli italiani raggiungeranno il +200%. L’indagine dell’Antitrust conferma un’altra censura avanzata all’epoca dagli Avvocati: la mobilità degli assicurati tra una compagnia e l’altra (le cosiddette liberalizzazioni) registra uno scarso 10%; perché cambiando assicurazione il cliente viene inserito in classi interne più svantaggiate rispetto a quella di provenienza e quindi, nonostante il premio aumenti anno dopo anno, la maggioranza rimane con la propria compagnia assicurativa. Ma c’è di più! L’Antitrust suggerisce di prevedere nuovi modelli contrattuali, con riduzione dei costi tramite lo sviluppo del risarcimento in forma specifica o dietro fattura. Inoltre, non poteva mancare una nuova emergenza nazionale: 4 milioni di vetture non assicurate. Molti cittadini scelgono di non assicurare la propria autovettura, non potendo permettersi di pagare tariffe sproporzionate.
Sui primi provvedimenti che il governo ha varato nel luglio del 2006: l’abolizione della vendita in esclusiva delle polizze assicurative, il risarcimento dei danni da richiedere alla propria assicurazione (indennizzo diretto), gli avvocati (sulla base di decennale esperienza sul campo) semplicemente sostennero che la disciplina sul sistema del risarcimento diretto avrebbe favorito esclusivamente le compagnie assicurative e penalizzato il danneggiato e l’assicurato. E così è stato! Scorrevano i titoli di coda sui primi provvedimenti varati in merito alle cosiddette liberalizzazioni e la sequenza delle parole induceva al meglio: abbattere privilegi secolari e rendite di posizione, conquistare il fortino delle corporazioni, mettere il silenziatore a chi protesta. Si sparava dritto sugli avvocati, sui professionisti di ogni ordine e grado, tassisti, edicolanti, tabaccai, benzinai, farmacisti, notai, barbieri, parrucchieri, estetisti. L’obiettivo era ambizioso quanto lodevole, liberare dal giogo medievale il cittadino-consumatore per 1 assaporare una nuova stagione di prezzi bassi, di maggiore libertà di iniziativa, di garantite opportunità di lavoro per i giovani, di sostegno ai meno abbienti.
La mancanza dell’indipendenza dagli appelli, dalle singole opinioni, dalle parole gridate positive o negative sul tema delle liberalizzazioni (come su altri temi), prive di qualsiasi contenuto empirico, di qualsiasi misurazione economica, dell’offerta di un alto grado di predizioni empiricamente verificabili, lascia il posto all’errore, al pressappoco, con tutti gli effetti nefasti che ne conseguono. Se non si sa esattamente verso dove e come intervenire, se i contenuti dei provvedimenti sono lasciati alle chiassose contestazioni, agli abusivi e vaghi richiami a principi e valori, alla prepotenza verbale, allora la critica si sviluppa in ambiti impropri, dove il consenso e il dissenso sono sottoposti al giudizio degli incauti partigiani, derogando dalle sedi decisionali dove il consenso e il dissenso sono sottoposti al vaglio della prova scientifica, del giudizio tecnico. Diversamente non si capisce il senso del viaggio, la prospettiva degli ignoti obiettivi.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:13