Monti, un peronista senza carisma

Non passa giorno che Monti accusi Berlusconi di essere un leader populista, ma forse, impegnato com è stato a studiare l'economia, non ha avuto il tempo di informarsi sul significato storico del termine Populismo. Il Populismo è un movimento culturale e politico nato fra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX; si proponeva di raggiungere, attraverso l'attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali verso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria, un miglioramento delle classi diseredate, specialmente quelle dei contadini e dei servi della gleba e la realizzazione di una specie di socialismo rurale basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.

Per estensione, il populismo rappresenta un atteggiamento ideologico che, sulla base di principi e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in mode demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Cosa c'entra dunque Berlusconi con il Populismo? Non è un rivoluzionario, non persegue l'obiettivo di un socialismo rurale antitetico al capitalismo industriale e oltretutto non ha una grande fiducia nel popolo, visto che si è battuto contro la reintroduzione delle preferenze nel sistema elettorale. In realtà è Monti e il suo modo di concepire la politica ed i partiti a ricordarci il populismo, quello sudamericano, in particolare quello messo in pratica in Argentina durante il Governo Peron, dal quale deriva il termine Peronismo.

Il Peronismo rappresenta infatti una prassi politica, tipica dei paesi in via di rapido sviluppo dall'economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto fra un capo carismatico e le masse popolari; tutto ciò con il consenso della borghesia capitalista che può così agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione. Coerentemente a queste sue idee il professore, da un anno a questa parte, non fa che demonizzare i partiti, in quanto fonte di corruzione, ed il Parlamento, in quanto organismo pletorico dai tempi infiniti nell'approvazione delle leggi: non a caso ha messo in pratica, a dismisura, la procedura del voto di fiducia, per fare approvare, obtorto collo, i decreti decisi dal suo governo e sempre sottoscritti, a differenza del passato, dal presidente della Repubblica; Decreti che a volte sono sembrati privi di quel carattere di urgenza previsto dalla Costituzione.

Peraltro la procedura della decretazione è particolarmente apprezzata dai populisti sudamericani che vedono il Parlamento come un inutile intralcio alle decisioni del governo. In secondo luogo, durante il 2012, Monti ha scaricato sui partiti, compresi quelli che lo hanno sostenuto, tutte le responsabilità della crisi economica: responsabilità che, a suo dire, riguarderebbero sia il passato che il presente, in quanto i partiti stessi rappresenterebbero un ostacolo al governo che lui vorrebbe realizzare. In terzo luogo, Monti rappresenta un caso anomalo per la democrazia italiana nata dopo il ventennio fascista: è stato,infatti, il primo presidente del Consiglio nominato dal presidente della Repubblica senza mai essersi sottoposto al giudizio degli elettori. Monti dunque è un uomo pieno di contraddizioni: si scaglia contro il populismo, ma agisce come un leader populista sudamericano, come fu Peron. Un vero furbone questo tecnocrate prestato alla politica e poi entrato in pianta stabile: una figura inquietante che ci rimanda all'Argentina. Se non fosse che a Monti manca la personalità di Peron, ci sarebbe di che preoccuparsi.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:12