
Più di 600 le regioni, le provincie e i comuni italiani a cui si devono aggiungere decine di società partecipate (altra truffa spacciata per decentramento e maggiore democrazia) che negli ultimi anni hanno fatto ricorso a strumenti finanziari derivati al fine di “ottimizzare” la gestione finanziaria delle proprie risorse di bilancio, di questo non parlano i giovani e riciclati candidati che affollano i video di tutte le TV, raccontandoci delle ruberie della parte avversa e spergiurando sull’impegno per la difesa degli ultimi del mondo. Con quali soldi e soprattutto con quali tagli alla gigantesca spesa pubblica che dilapida le poche ricchezze per poter far crescere l’economia del Paese e consentire di affrontare qualche urgente problema non è dato sapere.
I derivati sono senza dubbio la più grande innovazione finanziaria degli ultimi decenni, e hanno contribuito ad accrescere le possibilità del mercato, ma offrono anche l'occasione di speculare a bassi costi e per valori nominali elevati senza bisogno di mobilitare risorse effettive, sfruttando la 'benevola disattenzione' (benign neglect) degli organi di vigilanza nazionali e internazionali suggerita dai vantaggi che questi nuovi strumenti finanziari offrono all'attività produttiva e al buon funzionamento dei mercati. In taluni casi i derivati sono stati vistosamente presenti in gravi crisi bancarie e finanziarie (come nel caso della Barings inglese e della LTCM - Long-Term Capital Management - statunitense) o di imprese (si pensi alla italiana Ferruzzi e alla californiana Enron), nonché in recenti crisi valutarie e finanziarie di alcuni paesi o intere aree geografiche (come il Messico e l'Estremo Oriente). In queste occasioni le autorità nazionali e sovranazionali (come il Fondo Monetario Internazionale) sono intervenute per evitare la diffusione degli effetti delle crisi all'interno dei sistemi economici nazionali e nel mercato globale, per impedire una riduzione delle risorse da destinare allo sviluppo a livello locale. È noto, tuttavia, che nonostante i problemi che i derivati talvolta comportano, e hanno di fatto comportato, le banche centrali e i governi si avvalgono di essi nella loro normale attività sui mercati monetari e valutari. Né possiamo ignorare che i derivati vengono usati anche per aggirare norme fiscali e vincoli amministrativi. I contratti 'derivati' (derivative) sono accordi finanziari che hanno lo scopo di trasferire in tutto o in parte i rischi di variazione dei valori di mercato di titoli di credito o di beni reali (obbligazioni, azioni, prestiti bancari, commodity, ecc.), di mettere a disposizione degli operatori nuove opportunità di diversificazione dei loro portafogli o di speculare sui valori presi a riferimento o su grandezze a essi direttamente o indirettamente correlate (indici di borsa, statistiche macroeconomiche, ecc.).
La cosiddetta speculazione e i “derivati” condizionano le economie di tutto il mondo. Il volume dei derivati ammontava a circa 670.000 miliardi di dollari,mentre il PIL mondiale (tutta la ricchezza prodotta nel MONDO) ammontava a circa 70.000 miliardi di dollari.Gli anonimi “mercati finanziari”, che determinano la vita di intere popolazioni hanno nomi e cognomi. Uomini e gruppi con precisi interessi ed obiettivi. Ogni operazione di destabilizzazione di un intero Paese ha scopi individuabili. Non vi è più alcun Paese al mondo che non dipenda dalla ristrettissimaElites dei padroni del denaro che controllano le agenzie di raiting che danno i voti agli Stati, di cui tre hanno di fatto il monopolio.
La tarantella è sempre la stessa. I grandi danni dei diritti senza doveri, il clima oppressivo dei predicatori di regime, la falsa dialettica dell’autocoscienza, la fenomenologia della passione politica (perché fa politica? La passione), il signoraggio dei perdenti, il disagio dell’equazione della politica, cambiamo una faccia per non cambiare nulla, la morfologia asimmetrica delle istituzioni, la falsa democrazia dei gruppi e movimenti (se non sei d’accordo ti sputano in faccia, vedi Renzi e Pannella), l’illogicità del formalismo burocratico (60 anni di danni e sofferenze), il crepuscolo del benessere, il dolore della diseguaglianza non troveranno risposta né con i giovani protagonisti messi in campo dai padri nobili dei partiti né da qualche reduce del passato che tenta di sfruttare il disorientamento dello sfiduciato elettore. Come possiamo abbandonare la dialettica infeconda, la retorica dei dibattiti e dei confronti; delegittimare i difensori di mestiere del bene comune, i predicatori delle disfunzioni sociali, gli apostoli dell’ovvio?
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:47