
Come reagirebbe l’opinione pubblica se potesse leggere i nomi delle decine, diciamo due o tre centinaia, di magistrati che si trovano fuori ruolo da anni se non da decenni, alcuni dei quali con doppio super stipendio mentre i loro colleghi non fanno che lamentarsi delle presunte carenze di organico? Dopo che lo scorso ottobre il Senato da una parte e il ministro di giustizia Paola Severino dall’altra avevano affossato l’emendamento del meritevole Roberto Giachetti del Pd, il quale aveva fatto passare alla Camera il principio che non si poteva stare fuori ruolo per più di cinque anni consecutivi e di dieci in tutta la carriera in magistratura e che non si potevano avere due stipendi, quello da magistrato e quello della amministrazione interna o internazionale di distaccamento, adesso è stato vanificato, o meglio “non attuato”, anche l’ordine del giorno contentino con cui il governo aveva promesso che sul sito del ministero del Tesoro e di quello di Giustizia sarebbero stati messi i nomi di tutti i privilegiati che da anni si trovano in queste situazioni scandalose.
Due giorni orsono la commissione giustizia della Camera è stata convocata con “prepotente urgenza”, come ha ironizzato Rita Bernardini, la deputata radicale che di quell’organismo è membro, per parlare a Camere sciolte e esprimere un parere sul tutto. Ma di quella promessa di trasparenza governativa se ne è persa traccia. Ora giurano e spergiurano che entro una settimana i nomi saranno on line, ma intanto da ottobre a oggi tutti hanno fatto finta di niente. Anche perchè, come ha detto lo stesso Giachetti in aula, “le pressioni esterne e interne della magistratura”, cioè del partito trasversale dei giudici, sono state fortissime. Queste norme non a caso dovevano essere la ciliegina sulla torta del decreto anti corruzione. Ma esiste casta e casta, e quella dei magistrati rimane ancora la più intoccabile a quanto pare. Dice giustamente Rita Bernardini che “nel 2000 ben 10.200.692 italiani (75,2%) votarono per l’abolizione degli incarichi extragiudiziari; la vittoria referendaria non si concretizzò solo perché non si raggiunse il quorum a causa di una campagna colpevolmente silenziata dai mezzi di informazione”.
Più precisamente fu uno di quei referendum che Berlusconi definì “comunisti” invitando a non votarli. che poi dopo alla giustizia ci avrebbe pensato lui. Si è visto come, con l’ingegner Roberto Castelli. La Bernardini ha lasciato scritto, in quello che sarà forse l’ultimo atto da deputato di questa stramaledetta e inutile legislatura, che “è solo ovvio che consentendo a circa 220 magistrati di svolgere funzioni a tempo pieno presso altri organismi, deliberando di regola più di 1500 incarichi extragiudiziari all’anno e concedendo esoneri dal lavoro giudiziario (di regola dal 30 al 50%) ad oltre 450 magistrati, il CSM sottrae una notevole quantità di energie lavorative agli uffici giudiziari, con ciò stesso aggravando ulteriormente la crisi di funzionalità di cui soffre il nostro apparato giudiziario”.
Inoltre, “sono di tutta evidenza anche i pericoli che pone all’indipendenza l’esistenza di tanti incarichi ed attività extragiudiziarie che ai magistrati sono offerti dall’esterno e che spesso sono loro elargiti in varie forme e modi da uomini politici, come sono quasi tutti quelli che stiamo esaminando.
Last but not least, “la presenza di numerosi magistrati in tutti i gangli decisionali che si occupano di giustizia, inoltre, pregiudica gravemente il corretto funzionamento dei pesi e contrappesi su cui si regge una efficiente divisione dei poteri; una presenza che è sinora stata in vari modi capace di servire gli interessi corporativi dei magistrati, sia per promuovere le riforme volute che per impedire quelle sgradite. Tali disfunzioni sono state più volte denunciate sulla base di analisi dettagliate ma senza conseguenze sul piano legislativo, come è evidente dal provvedimento in esame”.
Infatti, i magistrati sono riusciti prima ad affossare l’emendamento Giachetti che passò a maggio 2012 alla Camera mandando sotto l’esecutivo dei tecnici e che fu ribaltato al Senato a ottobre su input della Severino, e poi a non fare attuare neanche l’ordine del giorno sulla trasparenza dei nominativi di chi ha il doppio o il triplo incarico che tuttora non si trovano sui siti dei ministeri di Giustizia e del Tesoro. Ma c’è uno scandalo nello scandalo: il Csm accetta la norma che consente di far valutare l’avanzamento di carriera dei fuori ruolo sulla base dei giudizi della amministrazione in cui il magistrato presta servizio dopo il distaccamento. In questo caso nessuno ha sentito lesa l’indipendenza della magistratura. E nè il governo nè il Parlamento hanno alcuna intenzione di cambiare questo stato delle cose. Che stando bene ai magistrati interessati evidentemente sta bene a tutti. Magari pure a Ingroia che crede di riformare la giustizia abolendo l’appello e dimenticando che Enzo Tortora proprio in secondo grado di giudizio fu riconosciuto innocente.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:52