
La minacciata serrata degli edicolanti per i giorni delle votazioni ripropone un problema di fondo dell’editoria italiana: l’inadeguatezza del sistema di distribuzione di quotidiani e periodici. L’idea di abbassare le saracinesche è scaturita dal disagio e dalla cattiva considerazione che il settore avverte da parte di autorità locali e centrali. I dati delle rilevazioni confermano lo stato di crisi del settore: ben 8 mila edicole chiuse negli ultimi cinque anni (i punti vendita nel 2007 erano 35 mila che nel 2012 sono scesi a 27 mila) con la perdita di circa 15 mila posti di lavoro. Molte le cause dell’arretramento della funzione dell’edicola tradizionale anche se con l’arrivo dei libri e delle cassette di film ed altri prodotti tipo ricarica del telefono, biglietti e abbonamenti per bus e metro e per bambini il punto di ritrovo si è trasformato.
I problemi burocratici e i vincoli non sono, però, cambiati granché. Si parte dalle norme per aprire un chiosco. Le 20 Regioni italiane hanno 20 regolamenti differenti. Poi ci sono i permessi comunali, le diverse disposizioni sullo smaltimento dei rifiuti e le ispezioni delle Asl sulle condizioni igieniche di lavoro. Alla base della crisi c’è la crisi dell’editoria e la forte contrazione della vendita di giornali e periodici. Il secondo aspetto riguarda lo stato giuridico: le edicole forniscono oppure no un servizio di pubblica utilità? È un argomento delicato e di difficile interpretazione anche perché anche taxi, bar, farmacie, negozi alimentari potrebbero rientrare in questa categoria. Altro aspetto. Un volta c’era il numero chiuso. E i possessori delle edicole venivano accusati di essere una casta, come i tassinari, i facchini, le compagnie portuali.
Oggi non è più così ma rientrano nelle categorie merceologiche per le quali bisogna rispettare il piano di localizzazione comunale. Per ottenere una licenza le strade sono due: rilevare un’attività già avviata (pagando magari anche 40-50mila euro) assicurandosi che il proprietario venda anche la licenza oppure aprire un’edicola ex novo tenendo conto che l’individuazione del posto e del locale è soggetta ad una serie di vincoli, tra cui le tasse per occupazione di suolo pubblico. Poi occorre distingue il tipo di edicola: ci sono quelle a vendita esclusiva dove si vendono solo giornali e periodici o un’edicola a punto vendita non esclusiva dove è possibile vendere altri prodotti. Tutti? No. I tabaccai possono vendere i giornali, gratta e vinci, lotto. Le edicole non possono vendere tabacchi o ottenere i servizi della Sisal-Lottomatica.
La rivendita di giornali e periodici nonostante la deregulation avviata nel commercio nel 1998 con il decreto Bersani è ancora legata al rilascio, quindi, di una autorizzazione comunale nel rispetto del nuovo riordino del sistema di diffusione della stampa previsto da una legge del 2001. Una volta attivata la richiesta alla Federazione editori ( Fieg) e individuato il distributore il lavoro si svolge dall’alba al tramonto con un impegno di almeno 12 ore (secondo contratto) dal lunedì al sabato e almeno fino alle 13 la domenica. Inizia così l’attività con altri vincoli: l’edicolante trattiene un aggio ( percentuale) sul prezzo del quotidiano e periodico e fa i resoconti. La disputa che fa nascere tante discussioni è la storia delle rese anticipate e delle norme sulle liberalizzazioni decise dal governo Monti con il decreto legislativo del 24 gennaio 2012. Più edicole? Liberalizzare? Gli edicolanti, osserva il presidente del sindacato Snag Armando Abbiati, chiedono di giocare sul mercato ad armi pari e sollecitano una riforma ampia e profonda dell’editoria.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:43