
Meglio un vitalizio che un aiuto. Così, in un periodo – per dirla in politichese – di “difficile congiuntura economica”, succede che il numero verde anti-usura sia costretto a chiudere i battenti dopo quindici anni. Un controsenso, non c’è che dire. È come se negli uffici dell’Enel si staccasse la luce per il troppo consumo. In parole povere, una retromarcia con tamponamento incorporato.
La saracinesca sul servizio, secondo quanto appreso, è stata abbassata per due motivi: l’intricato rebus dell’accorpamento delle Province e l’assenza di fondi statali. Ivano Giacomelli, segretario nazionale di Codici, l’associazione che ha promosso la costituzione del numero verde, ha ricordato: «Solo il 25% di fondi veniva destinato ad associazioni o servizi come questo». Una percentuale esigua, ai limiti del paradosso, che non ha certo posto i paletti a una piaga in costante ampliamento e in continua evoluzione. Ognun per sé e la festa è finita. Codici, comunque, non ha intenzione di abbandonare la battaglia. Lo stesso Giacomelli ha rivelato che è stato creato un nuovo numero per consentire alle persone, prese al collo dagli strozzini, di avere al loro fianco un cuscino dove appoggiare dolcemente la testa e che consenta di allontanare i cattivi pensieri da chi, indubbiamente, ha utilizzato il rubinetto con il contagocce.
E la vasca dell’agonia, che si riempie quotidianamente, nell’ultimo anno ha avuto diversi ospiti. Secondo i numeri raccolti dal 5 marzo 2012 allo scorso 4 gennaio, nonostante siano calate le segnalazioni di sovraindebitamento, la palla che sta girando non sembra avere un movimento teso verso l’arcobaleno. A ragione di ciò, Ivano Giacomelli ha puntualizzato che il risultato rappresenta una situazione «dovuta alla crisi generale che impedisce alla famiglia di chiedere prestiti». Sono lievitate (+ 18%) le richieste di aiuto per usura. Per il segretario nazionale di Codici «una parte del fenomeno è dovuto al collasso dell’indebitamento degli anni precedenti mentre il resto è causato da richieste di denaro improvvise, fra cui anche quelle di Equitalia, che piovono sulla testa delle famiglie».
Osservando i dati, l’aspetto che deve far riflettere è che a chiedere aiuto siano sempre più le quote rosa. A tal proposito, Giacomelli ha commentato: «Le donne lavoratrici si presuppone abbiano meno tempo da dedicare alle famiglie e, data la mancanza di uno Stato assistenzialista in questo settore, sono costrette a pagare questi servizi di tasca propria». Al peggio non c’è mai fine.
Ivano Giacomelli, infine, si è lamentato perché «non c’è nessuna norma anti-usura che difende le famiglie, tutta la legge è sbagliata perché si concentra solo sui produttori di reddito. Non abbiamo più fondi statali e da marzo aumenta il contributo unico per le cause per usura, il che fa lievitare i costi di associazioni come la nostra». Insomma, la fine della buriana dista – a oggi – milioni di chilometri. Spalle al muro, alla folta squadra di disperati non resta che difendersi con i denti, sperando che non si rompano perché i “buffi”, volenti o nolenti, sono sempre dietro l’angolo. E non sono divertenti.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:03