
La stampa ne ha parlato poco, ma altri due nostri connazionali, Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni, sono incappati nel “tritacarne” del sistema giudiziario indiano, la cui costante, almeno a giudicare da questo caso e da quello noto dei due fucilieri di marina da oltre undici mesi ostaggio degli indiani, è quella di prefigurare “colpevoli” funzionali ad uno scopo e di costruirvi intorno una finalizzata intelaiatura investigativa e giudiziaria sul tipo dei processi medioevali per stregoneria.
Tomaso Bruno aveva casualmente conosciuto in un pub di Londra Francesco Montis ed Elisabetta Boncompagni, con i quali aveva in seguito intrapreso un viaggio in India. I tre condividevano una stanza dell’Hotel Buddha di Varanasi, capoluogo di un distretto dello stato federato indiano dell’Uttar Pradesh, quando a seguito di probabile assunzione di droga Francesco Montis, che soffriva anche da sindrome asmatica, si sente male. I suoi amici si affrettano a chiedere soccorso, ma l’ambulanza non arriva, per cui alla fine lo accompagnano in taxi in ospedale, dove giunge cadavere. La ricognizione della salma è stata affidata ad un oculista, probabilmente miope, che ha sentenziato “morte per strangolamento”; il movente fornito dal gestore dell’albergo che, interrogato dalla polizia, era stato categorico, anche se nel corso del processo ha detto di non esserne proprio sicuro, «ho capito da subito che in quei tre c’era qualcosa di losco», che il magistrato ha tradotto nella sentenza con il fatto che la donna si fosse accordata con il “preferito” per eliminare “l’incomodo”.
La sentenza dell’ergastolo è stata riconfermata in appello, nonostante i due godessero della stessa “difesa” dell’azienda (è improprio chiamarlo studio legale) commerciale e legale che ha assunto la difesa dei fucilieri di marina. Gli amici di Tomaso, costituiti in gruppo Facebook, si sono stupiti della condanna nonostante la difesa fosse stata assunta da quanto di meglio esista sul mercato asiatico. La Titus & Co, l’impresa legale che ha assunto difesa, a leggere la scheda redatta sul sito aziendale e da noi tradotta in italiano, appare godere di grandissimo prestigio, sebbene, in considerazione del fatto che cura anche affari commerciali tra Italia ed India, potrebbe dare adito a dubbi su potenziali conflitti d’interesse. Quella degli affari in corso è stata peraltro la motivazione spuria introdotta da taluni commentatori per tentare di spiegare il “basso profilo italiano” e l’insuccesso italiano nella vicenda dei due militari presi in ostaggio.
Noi da queste pagine abbiamo invece posto l’accento su altri tipi di condizionamento quali interessi, alcuni legali ma non per questo legittimi ed etici, legati alla pirateria e al giro di affari che ne deriva o che potrebbe derivare dal suo contrasto da parte di “imprenditori” privati. E per Tomaso ed Elisabetta? Abbiamo provato a documentarci. È bastato consultare Wikipedia, che citiamo letteralmente: «Varanasi è la Città Sacra degli Induisti. Ogni Induista, almeno una volta nella sua vita, deve essersi recato a Varanasi e qui deve immergersi nel sacro fiume Gange almeno da 5 diversi ghats. I ghats sono delle rampe di scale di pietra che terminano all’interno dell’acqua del fiume. Ogni mattina all’alba, gli Indù iniziano a compiere dai ghats le proprie abluzioni. (...) Secondo l’induismo l’unico posto della terra in cui gli dei permettono agli uomini di sfuggire al samsara, cioè all’eterno ciclo di morte e rinascita, è la riva occidentale del Gange a Varanasi, perciò nel corso dei secoli milioni e milioni di induisti sono venuti a morire qui. Ed è sempre a Varanasi, nel Gange che ogni induista desidera che vengano sparse le proprie ceneri (...) Molte famiglie indù fanno di tutto per portare il proprio caro a essere cremato qui».
Varanasi è come la Mecca per gli islamici, un forte simbolo della loro religione. A me sembra un buon movente per colpirne due (Tomaso ed Elisabetta) al fine di “educare” centinaia e migliaia di potenziali “turisti” ritenuti “immorali” dalla cultura locale. Non dimentichiamo che sempre in India, sia pure in un altro stato federato, quello di Orissa, tra le condizioni poste per il rilascio di Paolo Bosusco c’era anche quella di tenere i turisti lontani dalle aree tribali. Figuriamoci se questi turisti si discostano nel modo di comportarsi in una città “santa” dalla rigida morale locale. Sono “empi” a cui infliggere una condanna esemplare; l’imputazione reale è poi un aspetto secondario. Anche i militari in servizio antipirateria disturbano fortemente la “morale” locale, almeno quella di gruppi di interesse mafiosi e di poteri forti legali, ma non per questo legittimi ed etici; un buon motivo per colpirne due ed educare quanti, a cominciare dall’Italia, hanno disposto l’impiego di militari a difesa della libertà di navigazione. Il gioco riesce se la controparte è di “basso profilo” e a questo approccio si ispira, come ha sempre pertinacemente fatto l’attuale governo presieduto da Mario Monti.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:40