Lavoro, un’alleanza per l’era digitale

Anche l’ampia filiera digitale in tempo d’elezioni si fa sentire. Un centinaio di AD, più o meno importanti ed esperti il 22 gennaio alla Sala del Garante della Privacy, presso il Capranichetta, ha, con “Alleanza per Internet”, fatto le sue 3 proposte: un ministro per il digitale, Wifi nei negozi, stazioni ed aeroporti; e sviluppo di mobile-payment e coupon elettronici nelle transazioni commerciali. Idee inviate ai leader politici (Berlusconi, Monti, Bersani, Giannino, Grillo, Ingroia), scelti forse in base allo studio della londinese Mcc Worldwide Digital ed al suo punteggio sulla rilevanza che il digitale ha nei programmi dei partiti (Pdl 18p., Pd 16p., Monti e Grillo 13p., Fare 12p., Ingroia p.5, Sel e Lega 3p.). 

Sotto la faccia pulita dell’ex garante Privacy Pizzetti, l’Alleanza ha riunito manager (Telecom, At&T, Microsoft, Ntt, Expo2015), docenti di quattro università, consulenti, extra (Assodigitale e Pr) e confindustriali (Anitec, Assintel) un po’ di sociale (Censis, Consumatori), di istituzionale (Privacy, AgCom, Cassa Depositi Prestiti), di stampa (Key4biz) ed il colore del khomemeista comitato Rai del controllo sul corpo delle donne.

Per i tanti soggetti ufficiali ed ufficiosi del vasto Internet, proclami e manifesti non sono una novità. Università e Smau, infoprovider e ForumPa, industriali, guru e consulenti da 20 anni emettono magne charte destinate a rivoluzionare la vita con le ultime innovazioni del momento. Gli appelli del passato, più che analizzare i nodi tecnologici hanno accompagnato accademicamente l’offerta innovativa del mercato globale. Anche la filiera digitale fa parte del puzzle finanziario-industriale e della sua famiglia. Zingales (docente Usa liberista di Fare di Giannino) siede nel cda TelecomItalia; Casaleggio (cofondatore con Grillo del M5S) è cresciuto tra Olivetti, Telecom, Logicasiel, Netikos, Webbeg, sedendo nello stesso cda di Michele Colaninno, fratello del responsabile Sviluppo Industriale Pd. 

Le tecnologie uniscono le inconciliabilità dei grillini, giannini e postPci. Più nota per un serial in cui recitava lo scomparso Taricone, la famiglia Gambardella è protagonista anche nel business con Raffaele, capo Simest, ai tempi di Telekom Serbia; Giovanni, decano di Ansaldo ed Ilva ed infine, il giovane Luigi, lobbista Telecom a Bruxelles, presente in ogni board Europa Confindustria, capo delle 41 telco europee di Etno. Luigi c’è anche in Alleanza per conto dell’ass. Puntoit, ma qui nessuno lo conosce come uomo Confindustria. 

È fatto così il management Internet: un po’ dummy, un po’ ingenuo e svagato smanettone, isolato nel caos sociale, immerso nei virtuali schermi puliti, sempre pronto ad indignarsi contro le scelte da lui stesso prese. Potrebbe usare le aule magne universitarie, gli spazi confindustriali, ma è più romantico e modernista assumere lo stile assembleare da Barcamp, come se si fosse anora giovani, poveri e barbudos. Il 47% degli italiani è in rete. Grande numero se si pensa all’elevato tasso di anzianità. Gli internauti però non fanno partito né impalpabile società civile. Non sono rappresentati dai burocrati Cnr della sezione italiana dell’Internet Society (Isoc), nè dall’Internet forum (Igf), o dagli Internet provider (Aiip), né dagli informatici titolati, né dalle 5 associazioni confindustriali e confcommerciali, nè dalle inhouse regionali (Assinter) né da altre associazioni informali. 

La Sala del Garante non è la Sala della Pallacorda anche perché mancano gli estrosi Stati generali dell’Innovazione della Marzano. Ci si perde nelle sigle, tra cui solo Asstel fa qualcosa di sostanziale. Sono sparite Authority, DigitPa e Agenzia Innovazione. Agenda Digitale con in testa un ex Telecom dovrà affidarsi ai fiscali contabili Sogei-Consip che ci hanno dato la leadership Ue per l’e-government identificando l’Internet pubblico in un esattore. Siamo all’alba quando non c’era neanche l’informatica pubblica di Italsiel poi Finsiel; come Olivetti non fosse mai nata. I partiti non pensano agli internauti. 

Progetti come l’e-mail certificata - non obbligatori - procedono in ordine sparso nei territori. Nessun partito ha una strategia digitale, inclusi i grillini erroneamente pseudo partito web. Ogni volta si ricomincia da zero. Il ministro per l’Innovazione c’era, fino al 2006 era Stanca, di destra. Poi tutto finì nel calderone Sviluppo Economico con Bersani che abrogando i costi delle ricariche, aumentò la perdita di posti di lavoro. Prima c’era stato l’Osnaghi, di sinistra, capo e-government, Entrambi cercarono di riunificare le reti dedicate PA e le connessioni a camera stagna; sforzi poi sfociati nel codice dell’amministrazione digitale, i cui pregi oggi ancora non si apprezzano. Sulla connessione wi-fi gratis all’aria aperta, corre il derby di generosità tra Roma Capitale di Alemanno e Provincia di Zingaretti, che era in vantaggio grazie al suo network wi-fi di province. 

Negli ultimi giorni il Campidoglio ha però offerto a tutti i romani 4 ore gratis di navigazione. Non si vede che l’Italia è prima in Europa per broadband mobile e per smartphone in circolazione. L’intervento di ogni ente pesa sulle tasse per qualche milione; che diventerebbero 100 in caso di modello nazionale. Come per il wi-fi, il commercio può essere distributore del pagamento col cellulare che aumenterebbe il numero, oggi basso, di 15 milioni di e-acquirenti; a patto di non tassare di più (meglio di meno), di escludere costi accessori (come le carte di credito) e di non controllare i comportamenti a fini redditometro.  

Le norme aggressive che producono il nanismo massivo d’impresa italiana bloccano l’uso legale del digitale a favore della pirateria su software, film e musica. Sono spariti i miliardi per la banda larga chiesti dal rapporto Caio. Non sono più indispensabili, dicono governo e Cnel per il quale vanno ridimensionati broadband e tlc mobili. L’Ict non dà tregua. Nuove tecnologie irrompono mentre non si dispiegano tutte le potenzialità delle esistenti. Gli industriali guardano al possibile scorporo della rete Telecom; alla nuova guerra fredda per i national Internet segment, all’uso massivo di banda (100milai petabytes-mese, milione di miliardi, 10 volte più che nel 2010). 

Le telco europee vogliono la rete tlc continentale. Senza fondi pubblici vorrebbero farla pagare ai monopolisti mondiali Usa (dai capitali asiatici) di social network, apparati, webmail e streaming. Ecco Etno, cioè il giovane Gambardella che forse oggi aspira al Ministero. Gli industriali gemmano infinite associazioni di questo o quel patron pubblico-privato, reiterando la sottopolitica dei trombati, inutile costo della politica corporativa di un’innovazione passiva; succubi del dominio Usa, omaggiano la propaganda dei futuri posti di lavoro creati dalla rete come nel convegno di Montezemolo e Google. 

Gli spazi civili e parapolitici sono loro contesi dai burocrati (e parte del sindacato) che esasperano strumentalmente digital divide, inclusione, apporto democratico dei blog, frammentazione decisionale. Insieme nascondono le grandi delocalizzazioni ed automazioni in corso, la sconfitta concorrenziale di un’Italia ed un’Europa  che consumano ma non producono. Il grande deficit democratico del settore desertifica lavoro, competenze ed opportunità, abbattendosi  sul milione di lavoratori, divisi tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, a sua volta frammentato tra PA, meccanico, commercio e comunicazione.

La voce dei lavoratori digitali, diffidenti delle forme tradizionali sindacali ma anche dei reciproci rapporti è oggi usurpata a vario titolo da tre stati: Politica, Industria, Bureau, cui la produzione digitale, questione centrale di sopravvivenza, non interessa. Al destino del lavoro e produzione digitali, possono pensarci solo i lavoratori da soli, riconquistando i luoghi della partecipazione civile e sindacale. Agli altri come si vede, non interessa.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:01