
Arresti e avvisi di garanzia contro esponenti del centrodestra, nelle settimane antecedenti le elezioni. non fanno notizia. Sono un classico e ci si meraviglierebbe soltanto del contrario. L’arresto dell’ex sindaco di Parma Pietro Vignali ha ridato attenzione indiretta alla capitale del grillismo la cui ascesa nel 2012, dalla Sicilia alla conquista di Parma e calcolata in un 20% elettorale, oggi è già scesa alla metà. La vittoria del neosindaco Federico Pizzarotti del M5S ha anche ribadito l’ennesima sconfitta della sinistra nella città del prosciutto. Governata dal Pci ininterrottamente dal ’46 al ’70 (sindaci Savani, Botteri, Ferrari, Baldassi), ebbe poi dal ’70 al ’92, dei primi cittadini craxiani (Gherri, Cremonini, Grossi, Colla) in alleanza con i comunisti all’inizio poi con il pentapartito. Tolte le due giunte postMani Pulite del Pds Stefano Lavagetto (’92-’98), l’amministrazione Per Parma (’07-’11) dell’ex segretario Cdu, Vignali continuava il 40ennale indirizzo eretico comunista della seconda città emiliana, da Civiltà Parmigiana (’98-’07) del Dc Elvio Ubaldi già vicesindaco’85 -’90 e proseguito paradossalmente oggi dai grillini. Ubaldi, Vignali e Pizzarotti sono tutti parmigiani, cioè nativi di Parma o frazioni. Era invece parmense, cioè della provincia e precisamente di Fidenza, Vincenzo Bernazzoli, attuale presidente provinciale, il candidato Pd preposto al facile compito di prendere il posto dell’amministrazione Vignali, crollata sotto il peso di 170 milioni di debiti diretti e 400 indiretti del Comune.
Tra Parma e provincia, tra Parma e Piacenza, le città ducali di Maria Luigia, corrono diffidenze secolari, a partire dalla perdita dello status capitale per Piacenza, dove nel 1547 fu sgozzato il duca PierLuigi Farnese per un complotto dei Gonzaga. Nella nuova capitale Parma, i piacentini divennero leader e assassen. L’inventore di Don Camillo Giovanni Guareschi, è invece un cittadino ad honorem, per quanto nato a Roccabianca, paese che deve il nome all’amata del Magnifico Pier Maria II de’ Rossi, il condottiero parmense, divenuto autore della libertà parmigiana, per le guerre a veneziani e milanesi nel ‘400. In provincia si lavora duro sugli insaccati e sui formaggi ma il vanto di metà del lusso alimentare made in Italy va tutto alla città. Piacenza è montanara e Parma aspira al mare, a La Spezia, dove finisce la sua regione Lunigiana, che l’ex ministro Ferri voleva unisse gli spuri toscoliguriemiliani. Città-vescovato e città napoleonica, Parma d’istinto pensa in grande. Ha sognato la metropolitana, una grande stazione Fs, inceneritore, nuovi quartieri, terza Esselunga, Scuola Europea, come già si sognò ai tempi di Tanzi e Parmalat, capitale finanziaria, magari con tanto di scudetto in serie A. Città alla moda, presente sul web che interessa tutti, non solo i grillini: troppe voci favorevoli a Vignali sui social network hanno fatto sospettare di account falsi, pagati ad hoc. Oggi l’arrivo a Parma è traumatico, tra una stazione terremotata come quella di Napoli e la numerosa popolazione interetnica, ed è persa del tutto l’atmosfera ricca di pochi anni fa.
L’inchiesta rifiuti sovrappostasi a quella sulla corruzione ha incarcerato nel pubblico, nel privato, nella stampa e nel web, contestando la linea editoriale del quotidiano Polis, sequestrando il cantiere dell’inceneritore e per trascinamento stoppando anche quello di Reggio Emilia. Una base sostanziale che dà ragione alle condanne ed ai sospetti agitati dal M5S in campagna elettorale. I grillini parmigiani, però, non se ne fanno vanto; non li trovi a volantinare, a tenere gazebo, a marcare il territorio. Rintanati in Comune, alle prese con l’osso duro dell’amministrare, fanno sapere poco di sé. Con piglio montista hanno tagliato le spese possibili, compreso il concerto natalizio in piazza, tra i mugugni dei commercianti, ma non un enorme cono a panelli solari. Serafico, il sindaco 40enne Pizzarotti ha nominato a tozzi e bocconi una giunta in media poco più che sua coetanea, tutta parmigiana a parte le donne (milanese torinese e varesotta). Interne al M5S le scelte per la decana Nicoletta Lia Rosa Paci, vicesindaco con delega scuola, molto popolare per avere gestito la comunicazione M5S, dell’ex presidente Giovani Imprenditori Api Cristiano Casa alle attività produttive e di Gabriele Folli, dell’assessore alla gestione corretta rifiuti, all’ambiente.
Il metodo selettivo per curricula, sventolato come la diretta straming per le riunioni di giunta, hanno premiato allo sport il 35enne pallavolista Giovanni Marani, al bilancio Gino Capelli, un curatore fallimentare del caso Parmalat, passato, come dire, dal tribunale alla politica; all’urbanistica, l’architetto Michele Alinovi, collaboratore in grandi progetti dello studio milanese Gregotti e dei Comuni di Colorno e Collecchio; alla cultura la giovane torinese Laura Ferraris, studiosa dei beni culturali, proveniente dall’associazionismo ed al welfare Laura Rossi, già al Servizio Sociale di Cervia, Milano Marittima e Parma. Non sono mancati gli impasse: Alinovi ha sostituito prontamente il già nominato Roberto Bruni, colpevole di un pregresso fallimento aziendale; la patinata Rossi, dipendente comunale mobbizzata e risarcita, non ha mancato di vendicarsi sui suoi ex superiori d’ufficio. Mancava il cavallo di battaglia, la democrazia diretta. Dopo la Befana, il 7 gennaio, il sindaco si presenta in assemblea cittadina (ma anche in streaming e su ParmaTV con tutta la giunta, per una Parma 2013 punto a capo, titolo accattivante per la presentazione del bilancio preventivo.
Uno dietro l’altro, sindaco, Capelli, Rossi, Paci in due orette di monologo assessorile senza interruzioni spiegano lo stato debitorio, studiato in 7 mesi. Il tono è sottotono, democristiano, di decrescita, senza tema dell’impopolarità, con l’elenco dei tagli, la spiegazione e la richiesta di quattrini da parte di chi può. Una cosa che si ascolta in ogni consiglio comunale da sempre. La novità qui è il bis serale in assemblea. Il piatto forte però sono le domande, scritte dal pubblico su dei bigliettini, dei pizzini buoni, ma inviabili anche via web per chi guarda lo streaming. Scatta subito la protesta assessorile: c’è chi vuole parlare a braccio, contraddire i grillini di governo. Pizzarotti li conosce, li chiama per nome e li zittisce, come nemmeno Grillo: «I soliti arroganti, che comiziano sempre e non fanno fare le domande agli altri che tornano a casa con il pensiero di non avere potuto fare la propria domanda». Ecco cos’è la democrazia diretta: non dire la propria, ma domandare. Poi il governante risponderà sperando che non interroghi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:49