
È facile sorridere quando, magari, si pensa a un Mario Monti (in coppia con Fini e Casini) nella stessa maggioranza governativa con Vendola e Fassina. Ma ancor più sorridenti (oramai siamo abituati a tutto e quindi non si può che sogghignare) quando si legge che la lista per la cosiddetta Rivoluzione Civile (inclusa l’indebita appropriazione dell’immagine del Quarto Stato) - quella per intenderci di Ingroia, Di Pietro, de Magistris, ma anche dei vari Diliberto, Ferrero, Bonelli e Orlando (data dai sondaggi, più o meno, al 4%) - ha provato a candidare in Sardegna Antonello Zappadu il quale, nel suo curriculum (almeno quello noto ai più), ha il solo “merito” di aver effettuato le incursioni fotografiche nella residenza estiva di Silvio Berlusconi, alla faccia del diritto alla tutela della propria privacy che dovrebbe costituire una prerogativa di ogni cittadino, Cavaliere compreso.
Per quel “furto di scatti” lo Zappadu è stato rinviato a giudizio dopo la denuncia di Berlusconi e quindi sarà imputato in un processo. Ma come? Ingroia avrebbe offerto a un imputato un posto in lista? Ma le liste del “guatemalteco” non dovevano essere pulite e cioè senza indagati o rinviati a giudizio? Per fortuna (sua, nostra, dell’Ingroia e dei suoi seguaci) Zappadu ha più o meno cortesemente respinto l’invito e lo ha fatto con una motivazione (più che esplicita): «Quando ho saputo che sarei stato il numero due in lista con zero possibilità di entrare in Parlamento, ho declinato», ha dichiarato alla stampa dalla Colombia. Sfacciatamente onesto, non c’è che dire. Anche perché il primo della lista ingroiana (e quindi l’unico ad avere un minimo di speranza di essere eletto) dovrebbe essere Antonello Pirotto, operaio in cassa integrazione dello stabilimento Euralluminia di Portovesme e che non ha nulla a che fare, almeno a quello che ne sappiamo, né con il Guatemala né con la Colombia e che sta soffrendo lo stato di cassaintegrato nella propria regione.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:00