
Somalia, Messico e Brasile sono tra i paesi maggiormente a rischio per i giornalisti. I reporter per scoprire i fatti, raccontarli ai lettori, e fare inchieste su argomenti scottanti mettono a rischio la loro vita. I padroni della guerra, i narcotrafficanti, i piccoli e grandi ras della politica corrotta non risparmiano le maniere forti. Informare dalla Somalia è un mestiere ad alto rischio. La memoria torna alla giornalista del Tg3, Ilaria Alpi, e dell’operatore Miran Hrovatin avvenuta il 20 marzo1994, quasi certamente uccisi da gruppi organizzati che non volevano far scoprire la mappa dei rifiuti che si estendeva da Bosso lungo la strada per Garowe e i traffici illeciti operati con i pescherecci e la flotta che era stata finanziata dalla Comunità europea. La Somalia, dopo venti anni di guerra, di caos istituzionale e politico, di guerra civile è ai primi posti al mondo nella classifica dei paesi più pericolosi e di quelli più corrotti.
L’antico protettorato italiano è precipitato nel caos nel 1991 dopo la caduta del dittatore Siyaad Barre provocata dal malcontento della popolazione. Si scatenò allora il conflitto sociale tra i signori della guerra alla ricerca di facili guadagni con il commercio della droga e delle armi. Per 5 milioni di somali non vi è stata più pace neppure dopo l’intervento americano “ Restore Hope” su mandato dell’Onu e il ritiro delle truppe da parte del presidente Bill Clinton dopo l’uccisione di 19 marines e un migliaia di somali. La situazione è peggiorata dal 2006 con l’occupazione di vasti territori da parte degli Shebab, gli estremisti legati ad Al Qaeda, in guerra contro le forze governative appoggiate dall’Eritrea. Dall’agosto 2012 c’è una nuova Costituzione che dovrebbe portare il paese alla normalità. Pericolosa la situazione in Messico. In sei anni circa 80mila persone sono state uccise. La violenza ha raggiunto livelli intollerabili con uno spietato braccio di ferro tra i cartelli dei narcotraffici e il governo.
Dopo le recenti e contestate elezioni presidenziali è tornato al potere dopo 12 anni il Partito rivoluzionario istituzionale di Enrique Pena Nieto, 45 anni, che ha battuto il rivale di sinistra Manuel Lopez Obrador . In piena campagna elettorale è stata strangolata, da killer del cartello Los Zetas, nella sua abitazione di Xalapa la giornalista Regina Martinez per i suoi reportage antinarcos sul settimanale “Proceso”. La giornalista Usa Melissa del Bosque ha documentato su “ Texas Observer” di Austin le violenze nella valle di Juarez e la scomparsa di circa 20 mila persone. Per l’associazione “Articolo 19” negli ultimi anni si sono registrati 39 attacchi contro sedi di giornali e Network televisivi. In Brasile il “Committee to Protect Journalist” ha lanciato un allarme: dal 2000 sono stati assassinati 72 periodistas, 13 scomparsi, 137 le aggressioni contro gli operatori dei media. La zona più rischiosa per i giornalisti è il Mato Grosso. A novembre è stato ucciso Eduardo Carvalho a Campo Grande la capitale al confine tra Paraguay e Bolivia. Editore e proprietario di un sito web “Ultima hora news” che spesso denunciava la corruzione locale. Nel 2011 erano stati assassinati altri 11 giornalisti tra cui Paulo Rodriguez direttore del quotidiano Jornal da Praca e di un sito web. A Rio de Janeiro è stato ucciso Mario Lopez direttore di Vassouras, nell’aprile stessa sorte era toccata a Dario Sa, editorialista e blogger che aveva lavorato per Estrado de Maranhao. Ucciso in un bar Laercio de Souza di Radio Successo di Bahia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:50