
Centoquarantuno giornalisti ammazzati, 232 in galera, una ventina dispersi. Il mestiere considerato ancora tra i più affascinanti dalle nuove generazioni è sempre più pericoloso. I nemici della libertà d’opinione e d’informazione continuano ad utilizzare pistole, coltelli, bombe come strumenti di eliminazione principale di chi è al servizio dei lettori e del diritto ad essere informati. L’allarme lanciato dagli organismi internazionali per l’eccessivo uso delle prigioni inflitte agli operatori dei media dai governi autoritari, di cui abbiamo già riferito, si è esteso nel fare il bilancio degli omicidi compiuti dalla criminalità organizzata e da criminali comuni. La Federazione internazionale dei giornalisti con sede a Bruxelles e la "Press Emblem" di Ginevra hanno costatato che il 2012 è stato l’anno più sanguinario dal 1995 per uccisione di reporter e fotografi in zone di guerra e in paesi particolarmente pericolosi per l’alto tasso di violenza.
In questa particolare classifica di pericolosità spicca la Siria dove sono stati uccisi, in circostanze varie, 37 giornalisti. Un altro teatro di violenze è la Somalia dove sono stati ammazzati 19 giornalisti. Altri due paesi del Sudamericano vantano il triste primato di 11 giornalisti uccisi ciascuno e sono il Messico e il Brasile. Altri sette omicidi sono avvenuti nelle Filippine, 6 in Honduras, 4 in India e 4 in Bangladesh. La maggior parte degli omicidi è avvenuta in momento di pace e provocati da criminali comuni, i quali hanno agito sfruttando anche il senso di impunità accordato loro da autorità locali corrotte. Il problema diventa l’accertamento molto basso dei responsabili. Nei primi sei mesi del 2012 è stato individuato un solo colpevole su 47 eventi delittuosi, avvenuti nella maggior parte dei casi durante l’orario di lavoro. Siria, Somalia, Messico, Brasile stanno diventando paesi dove i giornalisti non hanno vita facile. Esercitare il mestiere è ad alto rischio.
Per questo la Federazione internazionale ha chiesto alle Nazioni Unite (depositarie della dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948) di rivolgere una raccomandazione ai paesi membri affinché predispongano misure efficaci per attuare gli obblighi internazionali di garanzia e protezione dei diritti fondamentali tra cui quello della vita dei giornalisti essenziale per l’esercizio della libertà di stampa. Tragica è la situazione in Siria dopo 22 mesi di duri combattimenti tra l’opposizione e il governo del dittatore Besha al-Assad. Secondo gli esperti dell’Onu, dal marzo 2011 si registrano 60mila morti tra i cittadini. Tra questi 17 giornalisti professionisti, più 44 "citizen" testimoni di scontri e bombardamenti. Altri 21 giornalisti sarebbero in galera senza che nessuno sappia dove e perché. E 18 sarebbero scomparsi. Al giornalista in isolamento in un carcere segreto siriano dal febbraio del 2012 Mazen Darwich è stato concesso il premio per la libertà di stampa da parte di "Reporter senza frontiere" e "Le Monde". Tre giornalisti di Radio Damasco (Kamel Jamal Beyk, Lama al-Khabra e Baddur Karim) sono riusciti a fuggire dopo l’uccisione del collega Mohammed al-Said da parte di una formazione d’estremisti islamici e a Parigi hanno tenuto una conferenza stampa sulle restrizione ai media da parte del regime.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:17