Messineo sacrificato dopo lunga trattativa

L'Italia tutta ha ancora un vivido ricordo delle critiche (pardon risposte) che il procuratore capo della Procura palermitana (Francesco Messineo) spediva in Guatemala all'ex pm Antonio Ingroia. Quest'ultimo aveva (non tanto velatamente) criticato la sentenza della Corte Costituzionale sulla vicenda delle intercettazioni fra Quirinale e Csm: queste ultime destinate alla distruzione dopo che la Consulta ha accolto il ricorso della presidenza della Repubblica sul conflitto d'attribuzione.

“Le opinioni del dottor Ingroia sono opinioni del dottor Ingroia, io non qualifico le sentenze, sono atti di giustizia e come tali vanno accolte - aveva detto Messineo - rispettate ed eseguite, ovviamente nel momento in cui se ne conosce per intero il contenuto. Ritengo che le decisioni giurisdizionali non si debbano commentare, tanto più quando ancora non ne sono note le motivazioni come in questo caso. Vanno rispettate ed è ciò che faremo non appena ne avremo cognizione completa, cioè, eseguiremo le prescrizioni e le statuizioni della Corte Costituzionale... La Consulta non doveva, e non si è occupata - diceva Messineo - della fondatezza dell'indagine ma soltanto delle quattro intercettazioni in cui è stata ascoltata la voce del Presidente della Repubblica e al loro trattamento processuale. Sulle motivazioni bisognerà riflettere, in particolare quelle che riguardano la distruzione delle intercettazioni...”.

Ingroia lavora ormai in Guatemala, il presidente Napolitano considera la questione superata e si concentra su eventuali Monti bis, la mafia tutta forse considera la questione chiusa e sepolta... ma a qualcuno sorge il dubbio che qualcun altro voglia comunque punire uno spettatore (o ascoltatore) involontario. Così, a pochi giorni dalla sentenza della Consulta, s'apprende che il capo dei pm (Messineo) è stato “indirettamente intercettato il 12 giugno scorso”, e dai suoi stessi sostituti che indagavano su un presunto caso di usura bancaria: Messineo parlava al telefono con l'ex direttore generale di Banca Nuova (Francesco Maiolini). Quest'ultimo non sapeva di essere sotto controllo (un'indagine di riciclaggio aggravato condotta dalla dda), quindi avrebbe chiesto a Messineo “spiegazioni su un avviso di identificazione ricevuto e relativo all'indagine sull'usura”. Poi Maiolini avrebbe riferito a un avvocato della sede centrale della banca particolari sull'indagine. E' chiaro che a qualcuno farebbe comodo addossare ogni colpa a Messineo, trasformando il capo dei pm di Palermo nel parafulmine su cui scaricare tutte le eventuali “colpe” del sistema. Sull'intera vicenda cerca di far luce la procura di Caltanissetta (dove Messineo ha per anni lavorato). A Caltanisetta il fascicolo è stato girato a settembre scorso dall'aggiunto Antonio Ingroia, che ne coordinava le indagini prima di volare in Guatemala. Un quadro pesantissimo, che starebbe costringendo il capo dei pm del capoluogo siciliano a difendersi sul fronte penale e disciplinare. Il diligente Ingroia, prima di partire per il Guatemala su incarico all'Onu, ha mandato le carte su Maiolini (e su Messineo) a Caltanisetta.

“Mai commesso illeciti”, ha ripetuto Messineo nelle 5 ore d'interrogatorio: intanto il capo dei pm ha revocato la domanda per l'incarico di procuratore generale. Pare a qualcuno non basti, in certi ambienti forse si pretende che un Dreyfus venga aggiunto alle tante storie di pupi e pupari.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:04