Pannella e quei “no global” perbene

Ricordate quando a Marco Pannella i no global di sinistra a piazza Esedra a Roma lo coprirono di insulti e sputi? Ieri sera sono stato testimone, mutatis mutandis, di un episodio analogo: la denigrazione sottobanco alla sua persona. Il parlarne male compiaciuto tra critici cinematografici, o pseudo tali, rigorosamente di sinistra, anche estrema, che quando non credono di essere sentiti, o ritengono di godere della complice approvazione degli astanti, in attesa dell’inizio della proiezione dell’ultimo film di Olivier Assayas, Apres mai, una satira feroce sul sessantotto francese e i suoi reduci, straparlano, male, di Pannella, dei carcerati e dei radicali. Insomma la pancia “intellettuale” di sinistra, che sta alla pancia, popolare di piazza Esedra, come gli ideologi alle masse. Era disgustoso ascoltare facendo finta di niente i commenti nazistoidi di queste persone che conosco una per una e che non cito per non fare loro pubblicità: «Pannella? Ma si sbrigasse a morire, ha rotto il c...». Le carceri? I carcerati? «Devono morire... ma ti pare che coi problemi che ci stanno noi dobbiamo stare dietro a sti str... Se sono in galera  un motivo ci sarà». Sembrava di stare allo stadio in una curva piena di antisemiti o magari  a un’adunata di giovani di estrema destra, magari leghisti. Invece si trattava di gente che quando parla in pubblico è anche capace ipocritamente di fare finta di stare dalla parte degli ultimi. Gente che si dice contro la pena di morte, specie in America, ma poi “se ne frega” che in Italia, con la attuale condizione carceraria, un detenuto su cinquecento sia a rischio di suicidio e uno su trecento di morire di stenti in galera.

Mio padre mi racconta ancora oggi di quando negli anni ’60 fece la prima inchiesta televisiva in Rai (prima e ultima per anni) sulle carceri italiane e sull’ergastolo. Il regista era il famoso Antonio Cifariello. Trovarono tra l’altro un ergastolano dell’Ucciardone che era stato graziato (tra parentesi lui si era sempre professato innocente dall’omicidio per cui venne condannato) e che, rimandato al paesello in Sicilia con l’obbligo di soggiorno, non avendo trovato dopo 30 e passa anni più neanche un parente o un amico in vita che lo potesse accogliere, fu mandato dal sindaco a un ospizio a dieci chilometri dal centro cittadino. Totale? La feroce burocrazia della macchina della giustizia dell’epoca se lo andò a riprendere e lo riportò in carcere stavolta a Trani. Quando l’attore documentarista Cifariello e mio padre Giovanni lo andarono a trovare in carcere per la prima puntata (chissà se la Rai conserva ancora quel lavoro) si vede quest’uomo nel filmato che urlava in dialetto siciliano in maniera sconnessa: «Vogghio a’ libertà». Pare che il procuratore generale dell’epoca presso la Cassazione, un magistrato che non è passato alla storia, abbia fatto di tutto per bloccare la messa in onda del documentario, ma non ci riuscì. Anche perchè forse la Rai di Bernabei era più libera, con un solo canale, di quella odierna con tre. Il procuratore, di sinistra pure lui, disse che era una vergogna e che «si delegittimava l’operato della magistratura».

Stesse vuote parole di repertorio che sentiamo oggi quando qualcuno osa criticare le decine di pm che si candidano alle elezioni dopo avere condotto più o meno fruttuose inchieste sulla classe politica stessa. Nella pancia degli intellettuali di sinistra l’odio manifestato contro Pannella dai critici cinematografici che vedevano martedì sera in anteprima il film di Assayas è pari solo a quello a suo tempo vomitato da tanti commentatori della stampa nostrana, che hanno fatto carriere brillantissime, contro Enzo Tortora. Il discorso “fascista” di fondo sulle carceri e su chi ci finisce dentro è sempre lo stesso: “Ben gli sta”. Con la variante: “Un motivo ci sarà”. Sono il velo ideologico di sinistra alla categoria dello spirito che Pannella chiama «italiani brava gente». Così oggi Marco rischia la vita anche per loro, oltre che per ripristinare la legalità in un paese che non accetta che anche le carceri siano un servizio, di riabilitazione, tanto per la società quanto per i cittadini che hanno patologie comportamentali o sociali. Credere che invece sia una discarica abusiva della camorra è il “non detto” dei commenti infami sentiti nella sede romana dell’Agis. E egli insulti visti da tutti nel famoso video di YouTube in cui Pannella affrontava i no global inferociti a piazza Esedra che per poco, molto poco, non gli misero pure le mani addosso.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:53