Web: la miopia degli editori italiani

Non è per i soldi. Poteva essere una questione di proprietà, diritti d’autore, diritti editoriali, ma in questi casi la strada per risolvere il problema sarebbe stata alternativa all’oscuramento. Dal primo gennaio 2013 le pagine web di parlamento e ministeri, che raccolgono la rassegna stampa della giornata, saranno tolte di mezzo. Rese riservate e messe a disposizione dei soli addetti ai lavori. E poco importa della sigla “comunicazione 2.0”. Negli ultimi 15 anni il servizio aveva garantito agli utenti della rete libero accesso al materiale, permettendo una consultazione aperta ogni giorno. La battaglia per mantenere open il sistema era stata avviata dal blog insider parlamentare Il Cicalino che aveva denunciato la decisione presa dalle istituzioni a seguito delle richieste della Fieg, la Federazione Italiana degli editori. Ogni protesta è caduta nel vuoto. L’accordo degli ultimi giorni tra Camera e Senato ha spianato la strada alla chiusura delle pagine e non sono pochi i siti, i blog e i personaggi della politica che avevano espresso il loro risentimento sulla vicenda. In una lettera al presidente della Camera, Gianfranco Fini, il deputato del Pdl Giuseppe Moles si sofferma sull’argomento e sottolinea l’importanza della rassegna online: «Ha una funzione di fondamentale importanza sia nel processo d’informazione dei cittadini, sia nella formazione della cittadinanza attiva”. Moles spiega che si tratta di uno strumento prezioso di trasparenza delle decisioni che vengono prese da chi fa politica. Gli editori non ci stanno e marciano dritti verso lo switch off. Gli argomenti a loro favore sono sempre gli stessi, in mezzo di questi tempi c’è sempre la crisi economica e anche per il giornalismo le cose vanno tutt’altro che bene. Il servizio costa perché fa calare le vendite, affermano. Una tesi che può sembrare valida, ma che nella realtà dei fatti poco incide sugli acquisti alle edicole. Chi non compra i giornali non li comprerà neppure il 2 gennaio a rassegna chiusa. La quantità di copie vendute sta crollando e nessuno è al riparo. Ma l’oscuramento delle pagine web della Camera non è di certo la soluzione. Si era cercato un compromesso. Diritto al profitto e tutela del diritto d’autore da una parte, diritti degli utenti e “comunicazione 2.0” dall’altra. Hanno vinto i primi. Eppure non sarebbero mancate le soluzioni per mantenere aperte le pagine. Bastava saper cercare. Gli editori non hanno dimostrato lungimiranza, né sembrano aver avvertito fino in fondo la fine del giornalismo precedente all’era di internet. L’informazione naviga sulla rete con o senza il loro consenso in ogni momento e pensare di chiudere tutte le pagine che possono creare qualche problema non è sufficiente. Guadagnare lasciandole aperte era possibile ed è qui che la debolezza della politica si è fatta sentire. Potevano suggerire percorsi diversi tutelando lettori ed editori. Moles sostiene che la Camera dei Deputati avrebbe potuto scegliere di caricare la rassegna stampa in un orario tale da non compromettere «i giusti interessi delle aziende editoriali». Avrebbero potuto introdurre un abbonamento per gli utenti monetizzando il sistema. Poteva funzionare, ma non ci hanno nemmeno provato.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:56