
Se accade per calcolo deliberato, sarebbe gravissimo; se accade per una ormai congenita, connaturata incapacità professionale, sarebbe più grave ancora. Fatto è che anche ieri i notiziari e le cronache sono piene di “protesta”, per definire l’iniziativa politica di Marco Pannella, che semmai è una denuncia, la denuncia della flagranza “tecnica” di reato e di violazione della legge in cui non da ora si trova lo stato italiano. Non solo: per illustrare i servizi e i notiziari sistematicamente, si scelgono fotografie e immagini di un Pannella nel pieno delle sue forze, gonfio e perfino obeso. E queste fotografie, queste immagini sono accompagnate da testi che dicono essere Marco al sesto giorno di sciopero della fame e della sete; condizioni di salute – dicono i bollettini medici – gravissime, pericolose, questione più di ore che di giorni. E quelle fotografie, quelle immagini che contraddicono clamorosamente quello che si legge, quello che si ascolta. E ti assale una sorta di rabbia cupa, sorda...
“Marco, c’at vègna un cancher, smetti!”, avresti voglia di ululargli. “Con quale diritto fai quello che fai, e ci imponi questo tormento, questa sofferenza?”, e davvero avresti voglia di ficcargli a forza un imbuto in bocca e poi giù, litri d’acqua, che ne anneghi... Ma no, ha ragione lui, purtroppo. Ha ragione lui a ricordarci, a quel prezzo, in quel modo, pregiudicando la sua salute e la vita stessa, la situazione che si è determinata, l’illegalità diffusa e profonda in cui affonda questo paese; e l’inerzia, l’indifferenza, di quanti possono, e se possono devono; e pur dovendo, non muovono un dito, non dicono una parola...
Pannella ci ricorda un il testo di un appello del 1976 aperto da Pietro Nenni e sottoscritto tra gli altri da Giuseppe Saragat, Ferruccio Parri, Alberto Moravia, Elena Croce, Arrigo Benedetti, Guido Calogero, Aldo Visalberghi, Loris Fortuna, Giacomo Mancini, Riccardo Lombardi, Franco Fortini, Lucio Colletti, Antonio Baslini, Alessandro Galante Garrone, Ignazio Silone, moltissimi altri, politici, scrittori, registi, pittori, giornalisti.... Erano tanti, e tanti sono morti. È sempre arbitrario dire cosa avrebbe fatto “oggi” qualcuno che non c’è più, ma non si hanno dubbi: oggi Nenni, Croce, Benedetti, Calogero, Fortuna e tutti quanti oggi sarebbero mobilitati, come lo furono allora, non tanto o solo per Pannella, quanto e soprattutto, per la causa che Marco agita e – letteralmente – incarna. Ci sono i vivi, quelli che possono, che devono; che sanno: Giuliano Amato e Giorgio Galli, Francesco Alberoni e Franco Ferrarotti, Carlo Ripa di Meana e Giorgio Albertazzi, Bernardo Bertolucci e Dario Fo, Franca Rame e Adele Cambia, Maurizio Costanzo e Francesco Rosi, Umberto Eco e Stefano Rodotà,
A cosa servono i loro appelli, i loro articoli su dotte riviste, le loro conferenze, se poi, quando giorno dopo giorno si consuma il massacro dei diritti costituzionali, non levano la loro voce, tacciono... In queste ore si ha ragione di credere che al sito del Quirinale siano giunte molte lettere di persone preoccupate, inquiete, che chiedono al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, un gesto, una parola in coerenza con quello che prima e dopo la sua elezione ha ritenuto di fare e di dire; questi gesti, queste parole, cosa aspettano per essere dette, fatti? E gli altri? Renato Schifani e Gianfranco Fini, Mario Monti, Silvio Berlusconi, Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini, Antonio Di Pietro, Beppe Grillo, Francesco Storace, Nichi Vendola (li si cita in ordine alfabetico); e tutti gli altri? Sono 630 i deputati, sono trecento e passa i senatori. Di tutti loro, nessuno...? E i sindaci? Cosa aspettano Luigi De Magistris, Marco Doria, Piero Fassino, Virginio Merla, Giuliano Pisapia, Massimo Zedda? Cosa attende Fausto Bertinotti? Attendono per caso la telefonata del redattore di Radio Radicale per dire quello che va detto? Non ce la fanno, non ci riescono a dirlo da soli? Non trovano un momento del loro preziosissimo tempo per accorrere nella clinica di “Nostra Signora della Mercede” per dire a Marco non tanto, non solo, di bere una goccia d’acqua, quanto, piuttosto, che quella battaglia per la legge, il diritto, la legalità è la loro battaglia? Alla Commissione parlamentare di Vigilanza, nessuno ha di che obiettare, dire qualcosa? E sui giornali, Ferruccio De Bortoli ed Ezio Mauro, Virman Cusenza e Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti e Mario Calabresi, Giuliano Ferrara, Maurizio Belpietro, e i commentatori, editorialisti, rubricisti... tutti loro: nulla da dire, da scrivere?
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:31