Grillo e la democrazia partecipativa

Beppe Grillo non ci piace e non ci convince: soprattutto per il suo populismo privo di serie proposte tranne che quella del “vaffa facile” contro tutto e tutti: un po' poco per poter governare una cittá, un territorio o una nazione. La bravura di Grillo è stata soltanto quella di capire il malcontento popolare nei confronti del “potere” e di saperlo cavalcare, nella conseguente incapacitá, però, di essere in grado di offrire chiare e serie alternative di programma che non siano i “vaffa” di cui sopra.

Poi arrivano le "Parlamentarie", un esperimento utile al duo Casaleggio-Grillo per mascherare, dietro una presunta democrazia partecipativa, la volontà di scegliere le persone e decidere direttamente le sorti del movimento-partito e di gestirne poi, naturalmente in modo diretto e ‘ristretto’, le risorse finanziarie. Quelle del M5S sono state consultazioni già nate male con la candidatura consentita soltanto ad ex-candidati, a coloro cioè «che si sono presentati alle elezioni comunali o regionali» (trombati?): niente da fare, ad esempio, neppure per chi in questi anni ha magari attivamente partecipato alle attività del movimento. Nessuno, ma proprio nessuno, può in realtà sapere nulla, soprattutto (ma non soltanto) dall’esterno: chi sono i candidati, quanti voti sono realmente giunti ad ognuno di essi (i server ed i dati in essi contenuti, è noto, sono accessibili tranquillamente a chi gli amministra) e neppure l’elenco dei votanti (il cui numero dovrebbe attestarsi intorno ai 100mila) conosciuto solo ai “capi-clan”. Insomma, una scelta dei candidati ed uno scrutinio dei voti “a fidarsi”.

Grillo ha reso noto che «i voti disponibili erano circa 95.000 per 1.400 candidati presenti in tutte le circoscrizioni elettorali incluse quelle estere». Ora, considerando che ogni avente diritto poteva esprimere tre preferenze di voto, vuol dire che (almeno potenzialmente) avevano la possibilità di votare poco meno di 32mila persone. Come se Gubbio, in provincia di Perugia, con i suoi 33mila abitanti (e già sono di più del popolo grillino avente diritto ad esprimersi nelle “Parlamentarie”), potesse decidere chissà cosa per l’intero panorama politico nazionale, Altro che sfida democratica e partecipazione! In realtà, il M5S è una realtà settaria ed estremamente chiusa nella quale solo i capo-clan possono dire, pensare e decidere: un soggetto politico dove, per dirla con Maria Giovanna Maglie, «di democratico non c’è neanche la parvenza, e in questo caso, sia pur nascosto dietro l’escamotage della partecipazione riservata solo agli iscritti, c’è un verticismo dirigista leninista, un populismo sciacquato e parolaio».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:00