Livorno, anarchica come nel 1901

L’assedio anarchico alla Prefettura di Livorno è stato quasi soffocato su tutti i media, per il timore che possa diffondersi il germe della lotta di piazza. Timore infondato, ma tanto è bastato perché la notizia venisse diffusa il giorno dopo. Emerge che nella pancia della vecchia Europa il sentimento anarchico (antagonista si dice oggi) non è per nulla sopito. E, crisi o benessere, 111 anni dopo (numero magico per ogni fede) l’assalto del 1901, gli anarchici livornesi hanno pensato bene di festeggiare con lanci di pietre e bombe carta il loro forte legame con la storia livornese. Un segnale importante, visto e considerato che dopo il successo dell’assalto livornese sarebbero stati già cantierizzati gli assalti ad altre prefetture: come quelle di Torino e Genova, solo per citare quelle più ghiotte per l’antagonismo.

Ovviamente s’è scatenata la fiera d’ovvietà e frasi di rito da parte della partitocrazia tutta: c’è chi ha detto «condanniamo fortemente il ribellismo anarcoide», poi qualcuno s’è spinto oltre: «non si possono che condannare i gesti estremi di anarchici, disoccupati, precari ed emarginati». Dichiarazioni che rimettono in piedi le barricate, da una parte i diseredati e dall’altra il fantasma del generale Fiorenzo Bava Beccaris. E perché la reazione di gran parte della classe politica, come della casta che regge l’alta dirigenza di stato, somiglia tanto a quella della cosiddetta “gente bene”. La stessa che in occasione dei tumulti milanesi del 1898 e livornesi del 1901 (le cosiddette “proteste dello stomaco”) chiedeva che i militari facessero fuoco sulla popolazione. L’allora governo, guidato da Antonio di Rudinì (un montiano ante litteram), proclamava lo stato d’assedio, e il generale Bava Beccaris (in qualità di Regio commissario straordinario) ordinava di sparare cannonate sulla folla: provocava una strage, morirono più di cento civili. In segno di riconoscimento per la brillante azione militare, Bava-Beccaris ricevette ottenne un seggio al Senato.

Gli anarchici livornesi (con alcuni di loro abbiamo parlato personalmente) spiegano che «è giunta l’ora di vendicare gli esodati arrestati per resistenza a pubblico ufficiale, i disoccupati trattati come feccia della società, i ragazzi malmenati dalla polizia...». Parole che ci ricordano quelle dell’anarchico Gaetano Bresci che, dopo l’attentato a Umberto I (a Monza il 29 luglio 1900), dichiarava: «ho voluto vendicare i morti del maggio 1898 e l’offesa della decorazione al criminale Bava Beccaris». Il generale chiese «lo squartamento del regicida». 

I toni s’inaspriscono, il governo chiede la linea dura, si torna indietro di 111 anni. E si ricomincia da Livorno, dal “foglio degli anarchici” (noto come “tribuna libera”) che l’anarchico Boschi diffondeva nella cittadina lunigiana. Lo stato d’assedio voluto dal Bava Beccaris portava la prefettura di Livorno ad affiggere (con maniere edittali) il lungo elenco di cittadini che dovevano presentarsi per essere spediti alle “prigioni di transito” (Tremiti, Favignana, Pantelleria...). Inutili provocazioni poliziottesche, quelle di ieri come quelle di oggi. E quando i toni vengono esasperati e si falciano gli uomini in nome dello spread, l’Italia del 2012 viene rituffata a quel 1901, e perché nessuno si candiderà mai col sorriso alla retrocessione sociale.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:57