
«Pensavamo che Fini fosse animato da ideali generosi e, per questo, lo abbiamo aiutato, già dall’inizio degli anni ’90, ad aprire il dialogo con il mondo ebraico e con Israele. Ho e abbiamo il dovere di ricordare. Nutro anche l’illusione che una scintilla incendi la sua anima e lo riporti nella trincea degli “uguali”. Il cuore della destra doveva fare i conti con il ruolo del fascismo nel genocidio del popolo ebraico. Noi lo sapevamo bene. Era un dovere morale, era un dovere verso la verità e la giustizia (…)».
E ancora: «(…) Ma c’è un’altra persona alla quale Gianfranco Fini deve l’abraccio di Israele e del mondo ebraico. Questa persona si chiama Aaron Mairov, eroe di guerra nella sua patria e amico
Non a caso scegliamo questo brano del penultimo capitolo de Il Manifesto Umano di Loris Facchinetti. Si intitola Eredità. E precede l’ultimo, che si intitola Domani.Questo Libro-Uomo spalanca per la prima volta lo “ieri” che non si è mai voluto conoscere, che nessuno ha voluto dire. E senza il quale il presente non sembra nascere da altro che da alcuni devastanti decenni di mediocre politica. E il domani sembrerebbe un precipitare di eventi insensati. Un libro che racconta quella storia sconosciuta e nascosta che ha riempito di eroismi silenziosi e di creatività le generazioni coinvolte nella sanguinosa e cinica “guerra fredda”.
Loris Facchinetti c’era. C’era per aver fondato il sogno di Europa Civiltà in quegli anni Sessanta in cui ogni sogno sembrava affidarsi allo scontro tra incubi. E c’era quando dall’Europa vennero a cercarlo, a sceglierlo, gli uomini sfuggiti alla tragedia dei gulag, gli uomini della Russia cristiana, gli uomini dell’Nts. E Loris si arruolò nella guerra per la libertà contro il terrore sovietico. E fu subito aldilà della cortina di ferro. Oltre vent’anni – una vita – per diventare il “pericolo numero uno” in territorio sovietico. Per portare in salvo, per creare alleanze, per sparare Samizdat, per partecipare alla nascita della “bomba Polonia”, per continuare in Afghanistan… per soccombere al nemico di casa Italia: al Pci finanziato-costretto dal Pcus e dagli “apparati” al servizio del Kgb, finalmente riuscito a chiuderlo in carcere, a torturarlo, a ridurlo in fin di vita, per poi, dopo anni, doverlo assolvere, in primo grado su richiesta dello stesso pubblico ministero, per non aver commesso il fatto.
Ma questo Libro-Uomo testimonia che un uomo benedetto dai deboli non può soccombere alla ferocia dei tiranni. E Il Manifesto Umano continua il racconto della rinascita, della speranza coltivata e poi urlata con la caduta del più mostruoso muro della storia. Il muro simbolo di morte e prigionia. Il Muro di Berlino. E l’immane lavoro, nella fede e nella ragione, per costruire un mondo migliore: sì, anche a partire dall’infaticabile lavoro di saldatura, nell’abbraccio, delle forze di pace di Israele e di Palestina; dalla re-invenzione di una solidarietà totale verso le persone in difficoltà, i marginali, gli esclusi; dall’invenzione di iniziative solidariste in Africa, in India, nel mondo che non conta; e, impresa più difficile d’ogni energia, d’ogni potenza sacra, il lavoro quotidiano per creare in Italia una giovane nuova classe dirigente, per costruire il futuro delle generazioni e un “domani” degno di essere vissuto.
Il Manifesto Umano, infatti, chiude con il capitolo Domani, cioè oggi. Un appello agli uomini liberi, oltre le ideologie e gli egoismi. È un libro-chiamata. Chi lo legge, diventa speranza.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:00