Marco Pannella si racconta

Il titolo ti fa pensare: ma che titolo è? Cosa significa, che cosa ci si vuol dire, con quel “Segnali di distensione”? E ancora: va bene, Marco Pannella si racconta, ed è un bel racconto che si sviluppa e si dipana per quasi duecento pagine. Dice tante cose Marco: è fluviale, un Danubio e un Mississippi, ne ha viste tante, e ne ha fatte ancora di più, conosce tutti, e da tutti è conosciuto… Non c’è italiano che non gli debba qualche cosa, e non solo italiano. Un gigante. Ma la commozione è il sentimento che proviamo una volta letto questo suo “monologo”? Intendeva forse commuoverci, Marco? O piuttosto è l’ennesimo, instancabile suo tentativo di farci conoscere, capire, renderci consapevoli, mostrarci il volto di una realtà conoscibilissima, ma che per le nostre pigrizie, le nostre confortevoli certezze, i nostri pavloviani riflessi, tendiamo a non vedere? 

Insomma, caro Antonio G. D’Errico che hai confezionato questo bel libro pubblicato da Edizioni Anordest (pagg.187, 15 euro), cosa hai voluto dire e dirci con questo titolo strano? Pannella, dici, «commuove quando parla di giovani generazioni che non cercano il confronto ma tendono all’aggressione verbale e non solo. Giovani che manifestano odio, scaturito da una cieca ottusità e di adesione alla dottrina che non ammette confronto. Commuove anche quando racconta di giovani che lo riconoscono per strada, che lo salutano e gli dicono: sei l’unico! Ma non lo prende come un complimento, si risente: perché gli unici, dice, vanno fatti fuori, no? Essendo gente comune, ognuno di noi è unico…». Pannella, mi permetto di dire, rende consapevoli, è maieutico, una levatrice del pensiero e della ragione. Ma sì: forse ci sta anche la commozione… 

Per cercare di capire non c’è altro da fare che leggere il libro; che visivamente si presenta bene: caratteri tipografici che non spaccano gli occhi; ben rilegato, non ti si sfascia in mano mentre lo sfogli… non sono cose da poco, anche l’“oggetto” ha sua importanza. In copertina due belle fotografie di Marco; e anche all’interno: Pannella in tuta mimetica militare, quando con altri dirigenti e militanti radicali trascorse il Capodanno nelle trincee della Croazia invasa dalle truppe di Milosevic; il congresso radicale del 1992, quello che fissò come obiettivo trentamila iscritti (e l’obiettivo venne conseguito); al congresso del Cora ospitato da Vincenzo Muccioli nella comunità di San Patrignano; ai funerali di Piergiorgio Welby, e quando viene eletto segretario del Partito Radicale Demba Traoré; a casa sua, vicino Fontana di Trevi, e a colloquio con Roberto Saviano; con Emma Bonino e con Argentina Marchei, la notte del 2 dicembre 1970, quando alla Camera dei deputati veniva approvata la legge sul divorzio (e andate a informarvi voi chi era e cosa ha rappresentato Argentina); con Enzo Tortora, imbavagliato con Emma a una tribuna elettorale, vestito da Babbo Natale, e a Bruxelles, mentre la gendarmeria lo trascina via, a colloquio con Giovanni Paolo II e con Giorgio Almirante… quante altre, di fotografie, se ne potevano scegliere; ma questa sola selezione vale tutti i quindici euro del prezzo del libro. Che ha molti altri pregi. 

Non so con quali capacità seduttive D’Errico sia riuscito a convincere Marco a dedicargli sedute su sedute, e a parlare davanti a un registratore di tutto; un Pannella in ottima forma, ed ecco il film con gli obiettivi e le ragioni delle battaglie politiche in corso; quello che è stato e perché; e quello che ci si augura possa essere… Un racconto che si sviluppa in otto capitoli, dove Marco parla di sé, e quindi di noi: quella pattuglia di “pazzi malinconici” che sessant’anni fa, a dispetto di ogni logica e buon senso, seppero sottrarsi alla tentazione di fare le cose “ragionevoli” e fecero le cose giuste. È grazie a quelle scelte, a quella ostinazione, a quella cultura per anni mortificata e negata, se oggi siamo quello che siamo… le lotte per la giustizia e l’amnistia, quelle di oggi e quelle di sempre; i referendum, l’analisi sul regime, la sua dimensione strutturalmente, tecnicamente criminale (e spesso criminale anche sotto il profilo del codice penale…).

 Se puntigliosi si impugna la matita rossa e blu, si possono senz’altro trovare qua e là ingenuità e “stonature” stilistiche che strappano un sorriso. Ma, beninteso, è un cercare il pelo sull’uovo, quando l’uovo c’è, ed è bello grosso. È stato bravo D’Errico a “tradurre” in forma scritta le immaginiamo lunghe conversazioni con Marco, che come d’abitudine avrà, nel suo dire, aperto mille parentesi, tonde, quadre, graffe… No davvero: non dev’essere stato facile rendere leggibile, nella sua forma scritta il “parlato” pannelliano. D’Errico è riuscito nella sua impresa, e ci regala un libro che faremo bene a procurarci: anche chi con Marco ha una certa consuetudine, lo conosce e lo frequenta, e magari ascoltando un inizio di frase sa già dove e come la concluderà, farà bene a procurarselo e a dedicargli qualche ora. Ma, naturalmente, ci si augura che il libro sia letto soprattutto da non radicali: da quella “brava gente”, per rubare un’espressione di Pannella, che da trenta–quarant’anni subisce e patisce un regime fatto di menzogna e negazione della conoscenza. Leggendo questo libro–conversazione se ne ricava un’immagine di Pannella che certo corrisponde all’idea che di lui ci si è fatta; ma il libro contiene qualche piacevole e utile sorpresa anche per chi i radicali li frequenta, e Marco lo conosce. E poi ringraziatelo D’Errico. Il suo libro è aria pulita dopo aver respirato a lungo porcherie e smog. Leggere per credere.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:57