Niente politici nei talk show

Un “Daspo” anche per i politici, per l’ingresso nei talk-show? Grillo sarebbe d’accordo, ovviamente... Concordo con Sallusti che le primarie nel Pdl sono, francamente, tempo perso: vincerà Alfano, semplicemente perché ha più “truppe”. Idem per il Pd: il risultato prevedibile sarà, grosso modo, “5 a 1” per Bersani. Solo che, nel frattempo, la confusione ha raggiunto il massimo, sotto il tenebroso cielo politico italiano, sempre più “al buio”, per mancanza di soluzioni ai problemi di sempre: la bancarotta dei conti pubblici e la disoccupazione (soprattutto giovanile) dilagante. Francamente, provo un po’ di disagio quando (sempre nei soliti talk-show...) qualcuno, candidato di nuovo conio alla guida del Partito (indovinate quale...), suggerisce una misura stravagante, come quella di tassare al 75%, per due/tre anni, redditi che stanno al di sopra di un milione di euro all’anno. Misura perfetta, direi, per far prendere alla ricchezza la strada dei paradisi fiscali, visto che i soggetti con quelle capacità economiche non dovrebbero avere eccessivi problemi a sottrarsi al fisco italiano. 

La cosa peggiore, però, mi è capitato di vederla, seguendo i commenti televisivi sui fatti di Roma, a proposito di scontri tra polizia e manifestanti. Parlava, se ben ricordo, una militante dei centri sociali che, laureata in farmacia, non aveva trovato di meglio che fare la barista. Messa così, verrebbe da piangere, certo. Però, dipende... Ne conoscevo un’altra, laureata in scienza della comunicazione, che faceva lo stesso mestiere, semplicemente perché si divertiva un mondo a tirare tardi la notte, insieme ai suoi amici di sempre e a molti altri sui coetanei, conosciuti servendo ai tavoli. Tra l’altro, tra mance e stipendio-base, guadagnava più dei suoi insegnanti di liceo! Questo, per dire... Ma, a parte il folklore, l’elemento centrale del problema giovani e della gestione delle loro proteste è un altro, e non riguarda di certo l’ordine pubblico. Nessuno, a quanto pare, sta dicendo loro la verità, con la ruvidezza necessaria, per non creare illusioni e aspettative. Ovvero: molti dei laureati attuali non ci servono e i tecnici diplomati che cercano le aziende non ci sono, semplicemente perché il corto-circuito virtuoso, tra la formazione di base e mondo del lavoro, si è interrotto da tempo.

Esiste, in merito, un nodo di sistema: disincentivando i giovani dal proseguire studi inutili (perché non daranno loro lavoro e allungheranno, semplicemente, il periodo di attesa, a carico del già scarso reddito delle famiglie), si svuoterebbero molte decine di “fabbriche” di diplomi e, con esse, migliaia di posti di lavoro, tra docenti e non docenti, prosciugando così i finanziamenti pubblici e privati di cui godono Università e Istituti di alta formazione. Bisognerebbe avere il coraggio di smantellare l’attuale sistema, copiando, se possibile, da Harvard e dalle università di Shangai e di New Delhi, dove il criterio di selettività e i costi d’iscrizione costringono studenti e famiglie a scelte attentamente ponderate, privilegiando il talento e la determinazione dei giovani studenti stessi. Credo, però, che da quelle parti il valore legale della laurea non sia nemmeno contemplato: conta solo il prestigio dell’Università presso la quale ci si diploma. Chi avrà mai il coraggio di dire ai nostri giovani come stanno veramente le cose? Anche perché occorrerebbe garantire loro un incentivo a... migrare, come agli inizi del Novecento!

Altra cosa davvero curiosa, che ho sentito nei salotti televisivi vari: alcuni politici “chiacchieroni” si scandalizzavano perché alla Fiat serba gli operai guadagnano un po’ meno di 400 € mensili. Si potrebbe semplicemente dire: «È la Globalizzazione, bellezza!». Gli slavi, evidentemente, sanno comportarsi come gli... asiatici! A dire il vero, un’attenta analisi ci porterebbe ad altre conclusioni: i regimi del socialismo reale erano decisamente “privativi”, però avevano il pallino di costruire case, brutte quanto volete, ma abitabili. Ora, considerato che un affitto, in una grande/media città italiana, assorbe quasi il 60% del reddito disponibile, e che un chilo di insalata serba costa un quinto dell’equivalente prodotto italiano, i conti sono presto fatti: con 400 €, da quelle  parti si vive meglio che da noi! E, poi, miei cari, la lezione è arcinota: a parità di tecnologia, vince la partita lavoro chi offre manodopera qualificata al minor prezzo. Questi sono i “pastori” e questo è il “presepe”.. Vogliamo accomodarci anche noi?

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:53