Marcia indietro di Riccardi sulle case

Il Ministro Riccardi ha fatto marcia indietro sulle case dei professionisti. L’aveva sparata grossa. Si era attirato le proteste di oltre un milione e mezzo di medici, avvocati, giornalisti, farmacisti, notai, architetti, ingegneri per l’ipotesi di svendere il patrimonio immobiliare dei loro enti di previdenza. Privatizzati e quindi non a carico dello stato. All’ultimo momento utile per agganciarsi al dibattito parlamentare il ministro della Cooperazione non ha più presentato l’emendamento fantasma alla legge di stabilità che era circolato nei corridoi di Montecitorio dove è in discussione il provvedimento finanziario (5534-bis), prima di passare al Senato. La notizia che il governo avrebbe intaccato l’autonomia dei 20 enti di previdenza e operato per far scattare a favore dell’Erario un’imposta da 120-150 milioni aveva suscitato grande scalpore. L’iniziativa era stata considerata dal presidente del coordinamento degli enti, Andrea Camporese «sconcertante e inattuabile». Era tanto evidente il “vulnus” tecnico-giuridico che alla fine anche gli altri ministri competenti in materia (Lavoro, Sviluppo ed Economia, Tesoro) hanno avanzato perplessità. Erano stati i loro dicasteri vigilanti a chiedere, negli ultimi mesi, agli enti di previdenza le prove attuariali e documentate del loro equilibrio di bilanci e delle loro iniziative sociali.

Tutti (Inpgi, Enpam, Inarcassa, Cassa Forense ed altri) hanno passato il severo test sulla solidità dei loro bilanci, sull’efficienza gestionale e sulla garanzia di poter continuare ad assicurare le pensioni ai propri iscritti per altri 50 anni. La rinuncia del ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi, è dovuta allora sia alla fermezza delle categorie nel difendere i loro diritti sia alla palese illegittima formulazione della proposta. Un atteggiamento strano per un governo di tecnici che dovrebbe conoscere bene le procedure da rispettare compresa la consultazione delle categorie interessate e il contenuto delle leggi votate dal Parlamento. Alla fine, nelle stanze di Palazzo Chigi, è prevalsa anche la considerazione che il varo della legge di stabilità era,comunque, ben più importante di un braccio di ferro con gli enti di previdenza privatizzati dalla legge. La conferma che l’esame voluto dalla riforma Fornero era superato è venuta sabato scorso al congresso del Notariato a Napoli da parte del direttore generale per le politiche previdenziali del dicastero del welfare, Edoardo Gambaccioni. Il patrimonio degli enti è consistente, ma serve per pagare le pensioni.

È grazie alla riserva aurea del mattone che le casse private sono riuscite a presentare un piano credibile, affidabile. Per esempio l’Enpam (l’ente di previdenza dei medici e dei dentisti, circa 350mila) vanta un patrimonio di oltre 4 miliardi di euro. Poco tempo fa è stata conclusa dall’Inpgi la completa digitalizzazione del patrimonio attraverso la mappatura delle distribuzione degli immobili, del loro valore di mercato. Un monitoraggio costante della rendita. Il tutto ora si trova in un archivio digitale. L’ente di previdenza dei giornalisti possiede 2.472 immobili, dei quali 2.170 abitazioni, 104 negozi, 198 uffici e alcuni palazzi storici per una superficie di 285mila metri quadrati. Secondo il presidente dell’istituto, Andrea Camporese, una stima prudenziale a valore di mercato ha calcolato che gli immobili valgono circa un miliardo e 300 milioni. Una garanzia importante per le pensioni dei giornalisti ma anche per l’intero sistema del welfare nazionale. Pericolo scongiurato. Ma l’ostilità per i liberi professionisti rimane nell’aria.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:08