
Quaranta giorni di passione per la Rai. Per riformulare le strategie dell’azienda sulla funzione di servizio pubblico (la concessione dello Stato scade nel 2016), sui programmi, sulla governance economica e quella relativa al personale. Testa e investimenti vengono chiesti alla presidente Annamaria Tarantola, al direttore generale Luigi Gubitosi, al consiglio di amministrazione, sempre più organo di ratifica di decisioni prese nelle stanze del settimo piano espropriate ai consiglieri che tuttavia mantengono, per due sedute al mese, una retribuzione di 66mila euro l’anno, più indennità varie e rimborsi spese.
Si è cominciato ieri con il varo di un regolamento sulle carte di credito aziendali, sulle spese di rappresentanza (non oltre 10mila l’anno a testa), sulla riduzione delle auto a noleggio soltanto per comprovate esigenze di servizio. Si proseguirà con l’esame del dossier presentato dalle organizzazioni sindacali a fine estate sullo stato di salute del gruppo di viale Mazzini. C’è poi l’attesa per il congresso dell’Usigrai che si svolgerà dal 20 al 24 novembre a Salerno e nel quale si deciderà la successione al napoletano inviato dello sport Carlo Verna, non più rieleggibile.
Ma lo showdown è previsto per i giorni che precedono Natale. Le nomine di personaggi esterni all’azienda (Sipra, relazioni esterne, direzione finanziaria) hanno suscitato qualche reazione negativa ma non più di tanto. L’attesa maggiore è per il cambio alla Rete uno e al Tg1. Il pensionato direttore del Tg1 Alberto Maccari (che in questi mesi non ha creato problemi anzi ha guidato il telegiornale ad ascolti sempre superiori ai 5 milioni, come aveva fatto a suo tempo Andrea Giubilo) non può superare San Silvestro e quindi deve essere sostituito. Le manovre sono in verità già iniziate e Saxa Rubra si sta allenando nel totonomine.
Due interni (Giancarlo Leone per la Rete e Antonio Preziosi per il telegiornale lasciando libero la poltronissima della radio?) oppure uno e uno, accontentando il tecnico Monti e la politica? La proposta spetta al direttore generale ma si sa che i suoi telefoni sono caldi e anche intercettabili e quindi i giochi si stanno facendo in altre sedi più riservate (Palazzo Chigi, la Bocconi, qualche sede di partito). Quanto peserà l’Usigrai? Negli anni passati una delle redazioni più numerose del giornalismo italiano ha sempre avuto un ruolo non marginale. Fu così nella cacciata di Fede, nelle nomine di Albino Longhi, Rodolfo Brancoli, Gad Lerner, Giulio Borrelli. Non di Clemente Mimun, Rossella, Minzolini. Anche la sfida tra Vittorio Di Trapani (eletto con 678 voti) e Giorgio Balzoni (437 voti) per la carica di segretario è vista nel quadro dei cambiamenti che si appresta a vivere il maggiore telegiornale della Rai. Giorgio Balzoni, di matrice cattolica, moderato di sinistra, torna sulla scena dopo essere stato leader del sindacato negli anni Novanta. Di Trapani invece viene dalla redazione Rainews di Corradino Mineo ed è considerato più vicino alle posizioni del Pd laico.
Con le decisioni sull’ammiraglia di viale Mazzini dovrebbero essere resi noti i contorni del piano editoriale che voci di corridoio annunciano pieno di tagli e sacrifici (meno duemila dipendenti tra giornalisti, tecnici, impiegati e dirigenti). Non è però ancora quello che serve alla Rai per sopravvivere. Deve essere precisata una strategia unitaria che ora non c’è, né in termini di target né di offerta e neppure nel digitale, nonostante la Rai sia stata la prima ad utilizzarlo.
I buchi neri sono la Sipra (l’azienda per la raccolta della pubblicità), i portali Internet e i canali digitali che non portano soldi. Oltre, naturalmente, all’evasione del canone, che pur rappresenta oggi il 55% dell’intero ammontare dei ricavi Rai.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:02