Scatta l’ora della democrazia digitale

Com’è il grado di “entropia” politica nel Pdl? È basso, o alto? E se – come penso – è sul punto di crescere indefinitamente, allora occorre ragionare sulla situazione limite di “caos” pieno, distruttore e creatore di ogni cosa, allo stesso tempo. Berlusconi è in sintonia con il Paese, o si trova “desincronizzato” e distante dalla sua “pancia”? Davvero riteniamo una battuta da cestinare la sua dichiarazione sul fare le primarie con il «call center»? Probabilmente, ancora una volta, è più avanti di lui di tutti quelli che, immeritatamente, ritengo, l’hanno fin qui accompagnato nella sua avventura politica. Consentitemi una digressione, da architetto, matematico e fisico (ahimé, io sono davvero queste tre cose tutte assieme!). L’antimodernità del nostro arcaico–pastorale sistema politico, e della sua selezione delle élite, sta proprio nella mancata modernizzazione dei relativi “stati” di pensiero della politica, bloccati e arroccati in antiche liturgie e simbologie, prima tra tutti il voto “cartaceo”. Fa nulla che, periodicamente, ci costi molte centinaia di milioni d’euro! Ancor meno interessa il fatto che, fuori dalle tv e dai circuiti mediatici Rai–Finivest–Telecom, il telematico Grillo rischi di fare il pieno di consensi nel 2013, grazie alla sua propaganda.. “virtuale”.


Invece di precorrere i tempi, facendo passi avanti con il voto elettronico, sprechiamo montagne di capitali pubblici (che non abbiamo) per sabotare ragionevoli “election day” e, con loro, le immense potenzialità della “democrazia digitale”. Andiamo più in là, vi prego, con la fantasia. Per la “rivoluzione democratica dal basso”, basterebbe attrezzare – con monitor touch–screen – decine di migliaia di sportelli postali, sparsi ubiquamente nel territorio italiano, per realizzare seggi elettronici controllati a distanza, attivabili tramite smart–card infalsificabili, distribuite agli elettori aventi diritto. Per sicurezza, poi, chi entra nei box, oltre ad aprire – ovunque si trovi – la schermata delle scelte possibili con le proprie impronte digitali, andrebbe fotografato “prima” dell’espressione di voto! Diamo, poi, un vero respiro democratico alle scelte popolari, distribuendo a tutti (gratuitamente), anziché la tessera elettorale cartacea, caselle di posta elettronica certificata, in cui si possano “postare” consultazioni formali, di qualunque segno e tipologia. Per allontanare i possibili rischi di “cesarismo”, è sufficiente, poi, mettere a guardia dei sondaggi pubblici certificati online (ammettendo quesiti anche di tipo propositivo) i giudici costituzionali. In tal modo, l’opinione pubblica potrebbe essere interrogata su qualunque aspetto della vita italiana e delle proposte–decisioni politiche da intraprendere, in generale, con domande a risposta multipla, validate da un organismo specializzato, controllato dal Parlamento.


Vedete, il segreto delle scelte sta nella fantastica legge statistica dei grandi numeri: quando a esprimersi sono milioni di persone, c’è poco da star lì a truccare i responsi! Basta prendere la fascia mediana della distribuzione, per ottenere una ragionevole, compiuta “verità statistica”. Lo sa qualunque studente di primo anno di matematica. Immaginate le immense potenzialità di un sistema digitale di consultazione, a prova di falsificatori, per la scelta delle élite (sia di partito, che dei pubblici amministratori locali), in tutti i campi d’interesse istituzionale e delle rappresentanze. E, forse, sarebbe ora di fare il grande salto che propongo da sempre, cooptando direttamente in Parlamento chi (e sono, ormai, la maggioranza assoluta dei cittadini) desideri, in buona sostanza, autorappresentarsi, senza più delegare a nessuno la propria sovranità popolare. Basta un meccanismo “sano e sicuro” di sorteggio, a partire da un “bacino” di persone – senza distinzione di età, sesso, ceto e censo – che abbiano dato dimostrazione di: avere la giusta conoscenza di come si formulino le leggi di bilancio; saper redigere e illustrare testi e proposte di legge “de iure condendo”.
Gli unici criteri per la selezione casuale degli eleggibili sarebbero il rispetto della: distribuzione territoriale della popolazione; piramide di età; ripartizione dei sessi. Caratteristiche, queste ultime, che devono rispecchiare gli andamenti reali nazionali. Poi, è bene che, oltre la democrazia auto–rappresentativa, si preveda l’elezione diretta di un capo del governo – dotato di poteri innovativi, sul modello francese o americano –, e l’elezione di secondo grado (da parte del Parlamento popolare) di un presidente della Repubblica, con forti connotati di garanzia, per garantire la giusta interfaccia tra potere esecutivo e legislativo. I nuovi partiti si giocherebbero il potere, all’americana, sui programmi e sulle facce dei leader, da loro proposti per l’incarico da premier (certo, “automatico”, ma sorvegliato pur sempre, per minimizzare i rischi di “cesarismo”, dal presidente della Repubblica, di concerto con la Corte Costituzionale).
Presidente Berlusconi, perché non prova a comunicare al paese, a parole sue, questa mia congettura? Vedrà la seguiranno tutti, ma proprio tutti. Il paese è stanco di chi nulla decide e continua a baloccarsi, con disgustosi giochini sul sistema elettorale e sui tristissimi episodi della telenovela delle primarie, del tipo “Vengo anch’io? No, tu no!”. Sempre suo.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:11