Carrelli vuoti: gli italiani fanno la fame

L’inflazione sembrerebbe rallentare, ma la corsa a svuotarsi del carrello della spesa pare davvero inarrestabile. Il calo dell’acquisto di prodotti alimentari è stato stimato al 3%, e con punte

del 5,5% per la carne. A ricordarcelo, in occasione della diffusione dei dati Istat sull’inflazione di ottobre, è Coldiretti, ed i dati poggiano sui primi nove mesi del 2012. 

«Ad essere ridotti in quantità - sottolineano i coltivatori diretti - sono anche gli acquisti di pesce (-1%) e ortofrutta (-0,9%), mentre salgono quelli di pane (+1,3%) e pasta (+3,6%)». Secondo l’Istat i prezzi dei beni alimentari sono aumentati del 2,7% in media su base annua. Aumento leggermente al di sotto del tasso di inflazione, ma superiore per vegetali freschi (+8,3%), cioccolato (+4,2%), patate (+1,3%), dei molluschi freschi (+1,0%) e pesce fresco di mare (+0,1%). Stranamente, sono calati i crostacei (-3,4%) e l’olio d’oliva (-0,3%). 

Il sindacato degli agricoltori ci ha già allertato circa il livello produttivo, che «garantisce scorte alimentari nazionali per soli 9 mesi nel prossimo anno e c’è rischio d’importazioni di cibo di dubbia qualità». A conti fatti siamo tornati ai livelli delle scorte del dopoguerra, con l’aggravante d’esserci raddoppiati come popolazione e bisogni agroalimentari. Dal 1950 l’Italia ha fatto un enorme balzo avanti nella qualità dei consumi agroalimentari, ma nel 2012 è evidente sia stato tirato il freno a mano. E che l’Italia abbia fatto (nel rispetto degli accordi Ue) un considerevole passo indietro emerge sia dai dati Istat che dall’indagine Coldiretti-Swg. 

Anche il centro studi della Confederazione italiana degli agricoltori ha rilevato il brusco rallentamento del carrello della spesa. I consumi continuano a scendere, coinvolgendo tutta la spesa per la tavola, dal supermercato al pasto fuori casa. «Due famiglie su tre - ricorda la Cia - arrivano a fine mese tagliando radicalmente gli acquisti». I ristoranti ormai registrano un -5% e le pasticcerie -11%. Più della metà delle famiglie allunga i tempi della spesa, alla ricerca del supermercato più conveniente, di sconti, offerte e promozioni. Il 24% prova a recuperare gli avanzi ed evitare ogni spreco. L’inflazione si fa sentire anche sui campi: “gli agricoltori - puntalizza la Cia – non guadagnano niente dall’aumento dei listini al consumo di verdura (+8,3%) e patate (+1,2%). Le quotazioni all’origine restano infatti non remunerative, mentre i costi aziendali continuano ad aumentare, a partire da quelli energetici (+26,2% ad agosto, +6,8% tendenziale)».

Avevamo già analizzato come l’effetto del governo Monti, perfettamente in linea con i dettami delle organizzazioni di categoria tedesche, avesse contribuito al crollo nel 2012 del raccolto nelle campagne italiane. Oggi la produzione nazionale è in grado di garantire solo il 75 per cento del fabbisogno alimentare nazionale: scorte alimentari nazionali per soli 9 mesi. Il bilancio sui dati produttivi è stato fornito da Coldiretti il giorno di San Martino, che segna tradizionalmente nelle campagne italiane la fine dell’annata agraria. «Per garantirsi una adeguata disponibilità di cibo nel tempo - osserva il presidente di Coldiretti, Sergio Marini - l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo”. Ma l’appello sa troppo di marziano per chi pranza e cena tra i palazzi istituzionali. 

«L’andamento climatico avverso - aggiunge Coldiretti - con gelo, siccità e ripetuti nubifragi ha tagliato le rese delle coltivazioni. Per passare agli esempi, se la vendemmia si è attestata sui valori minimi da quasi 40 anni, con un calo del 6 per cento del vino, per un totale di appena 40 milioni di ettolitri, la produzione di pomodoro da conserva è scesa del 12 per cento, attorno le 4,4 milioni di tonnellate, mentre per il mais necessario all’alimentazione del bestiame il calo è stato del 13 per cento, con la produzione scesa a 8,5 milioni di tonnellate. Cali a due cifre per mele (-22%) e pere (-13%). Per l’olio l’annata non è particolarmente abbondante, sulle 500mila tonnellate, ma la qualità è buona. Aumenta invece leggermente la produzione di latte. La campagna supera i 109 milioni di quintali, in aumento rispetto all’annata precedente di circa il 2%, tanto che gli allevatori italiani dovranno fare attenzione a non sforare la quota stabilita a livello comunitario».

Infatti il problema politico non sarebbe evitare la carestia, ma scongiurare che un paese alla fame sfori i livelli produttivi stabiliti nelle sedi Ue. Qualcuno parla di “stecchetto tecnico”, d’una doverosa cura dimagrante per l’agroalimentare italiano. Forse tra Strasburgo e Bruxelles ci vorrebbero più in tema natalizio: affamati, infreddoliti e senza casa.

E, nell’Italia alle pezze, pranzo e cena vengono soppiantati dallo spuntino: entrato regolarmente nelle abitudini del 26 per cento degli italiani, vede 13,2 milioni di patrioti a caccia d’uno spuntino gratuito o a basso costo che possa sostituire il pasto tradizionale. Sfiorano i 28 milioni quelli che saltuariamente si nutrono a snack e merendine. E s’è triplicato il numero d’italiani che ruba nei supermercati o s’intrufola nei padiglioni di fiere o specializzate per piluccare formaggi, vini e salsicce. A mantenersi oneste e dignitose (almeno secondo Coldiretti) sarebbero le donne e i più giovani, acquistando frutta, yogurt e cracker. Facendo classificare questi alimenti fra i più gettonati. 

«Un esempio paradigmatico - sottolinea Coldiretti - è anche quello dell’aperitivo, sorta di rito sociale che si sta diffondendo un po’ ovunque nel territorio nazionale, spesso in sostituzione della cena». Ma il cosiddetto happy hour, tanto in voga da Milano a Torino a Roma (l’aperitivo), vede nei luoghi di ristoro, oggi pilastro della relazionalità, la presenza di guardie private che vigilano perché l’utenza non s’ingozzi più di quanto ha pagato.

Coldiretti ha dimostrato che altri 7,7 milioni di italiani si portano al lavoro il cibo preparato in casa. E, ai 16,9 milioni di italiani che dichiarano di seguire una dieta, s’aggiungono oltre 2 milioni di persone a dieta forzata per indigenza.

A questo disastro s’aggiunge l’ultimo straripamento dei fiumi, la pioggia intensa, gli allagamenti, le numerose frane e smottamenti. Eventi che colpiscono vigneti, serre, stalle e ortaggi. L’Italia paga il prezzo della mancata politica territoriale frammista alla morte delle produzioni.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:05