Lite interna al Pdl, negare non giova

Litigare e poi far finta di non averlo fatto rischia di non giovare, anzi di danneggiare un Pdl che attraversa il peggior momento dalla sua costituzione. E conferma la sopraggiunta incapacità del partito di essere credibile e di saper ancora dialogare con i propri elettori. I quali, di questo passo, potrebbero decidere di cambiare casacca, magari virando sul “pasionario” Beppe Grillo o su altre formazioni minori.

Dal 1994 ad oggi, è arduo ricordare guerre intestine ai soggetti politici (da Forza Italia al Popolo della Libertà) facenti capo a Silvio Berlusconi. Un Cavaliere leader indiscusso - e a ragione vista la grinta dell’Uomo, l’inventiva e l’attitudine al comando - e una schiera di fedelissimi “signorsì” che mai si sono sognati di mettere in discussione il verbo del Napoleone di Arcore. Ciò escludendo le fuoriuscite dall’alleanza di centrodestra messe in atto prima dall’Unione di Centro di Pier Ferdinando Casini, poi da Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini.

Giovedì scorso, nell’ambito di un ufficio di presidenza il cui tema erano le Primarie del Pdl, si è verificato - per quanto riferito da più di una “gola profonda” - un vero e proprio scontro, una lite tra Berlusconi e il suo “delfinino” Angelino Alfano. Motivo, l’opportunità di fare o meno le Primarie, col Presidente a dire che l’unica speranza di competere alle prossime elezioni politiche risiederebbe nel suo indiscutibile carisma. Al segretario del Pdl il solito atto di alterigia questa volta non è andato giù e così ha restituito pan per focaccia. L’avvocato di Agrigento non è più disposto a sottostare ai continui cambiamenti di luna del Capo. Da qui l’episodio ad alta tensione, addirittura un cruento batti e ribatti, stando almeno al contenuto degli sms inviati da chi ha presenziato all’ormai celebre summit.

Una volta appreso che l’accapigliamento di palazzo Grazioli era già di dominio pubblico, il Pdl ha convocato una conferenza stampa. Al tavolo i due contendenti: un Berlusconi determinato a smentire l’accaduto e un Alfano apparso assai meno convinto e un po’ in imbarazzo, a parlare di «rapporto leale» col Presidente, di «rispetto assoluto e reciproco». 

Insomma, un dietronfront in piena regola che convince assai poco. E poi, come non considerarlo anche un autogol, una sorta di occasione persa? Il giorno in cui, finalmente, all’interno di un partito storicamente appeso alla metaforica statura di Berlusconi si apre un dibattito persin virulento, nel giro di poche ore arriva l’insabbiamento. Ma è ormai evidente che Alfano, che ha ricevuto il timone di un motoscafo usurato, reclami il diritto di continuare a guidarlo, sia che continui a galleggiare, sia che finisca per andare a picco. Con la speranza, è ovvio, di incassare il merito di una clamorosa rimonta.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:35