Palermo: Caporetto per il Pdl
Alla fine l’ha spuntata Rosario Crocetta, eletto ieri nuovo presidente della Regione siciliana con circa il 31% dei voti, a scrutinio, però, non ancora ultimato. La Sicilia, tradizionalmente terra di centrodestra, svolta a sinistra, o meglio al centrosinistra. La vittoria dell’ex sindaco di Gela, infatti, non sarebbe stata possibile senza l’apporto fondamentale dell’Udc che, con più del 10% dei consensi, ha contribuito e non poco ad aprirgli le porte di Palazzo d’Orleans. Il neo-governatore della Sicilia sostenuto da Pd, Udc e Api ha sorpassato l’avversario Nello Musumeci (Pdl, La Destra e Pid) risultato secondo con circa il 25% dei consensi. Giancarlo Cancelleri, candidato  del  M5S  conquista il bronzo con circa il 18%, seguito da Gianfranco Micciché, leader di Grande Sud (Mpa, Grande Sud e Fli) che si attesta intorno al 15%. Seguono gli altri candidati che, tranne Giovanna Marano (Sel, Idv, Fds e Verdi) che ottiene il 6%, non superano il 2%. Ma è  l’astensionismo il vero vincitore di queste elezioni regionali. Un calo di affluenza alle urne mai registrato nell’Isola da quando nel 2001 è stata introdotta l’elezione diretta del presidente della Regione. Solo il 47,43% dei siciliani, infatti, si è recato alle urne con una diminuzione del 19,24 rispetto alle regionali del 2008 (quando si votò in due giorni in concomitanza con le politiche) e quasi di 12 punti in confronto  a quelle del 2006 in cui andarono a votare il 59,16% degli aventi diritto. Un segnale di protesta molto forte, quello dell’astensionismo, che rileva la grande disaffezione degli elettori alla politica e soprattutto verso i partiti, che non può essere sottovalutata dalle segreterie romane. Una dura “lezione” che deve necessariamente portare ad una seria e concreta riflessione in vista delle prossime elezioni politiche. Inoltre, se più di due milioni di siciliani hanno disertato le urne significa che il nuovo governatore è legittimato solo a metà. Certo un inizio poco confortante per chi si appresta a guidare una regione che versa in una stato di dissesto economico-finanziario. E l’ottima affermazione del Movimento Cinque Stelle di Grillo, che si attesta intorno al 15% divenendo il primo partito in Sicilia, è la testimonianza di questa insofferenza popolare. Un voto contro la politica che dovrebbe portare a Palazzo dei Normanni quattordici esponenti del Movimento di Beppe Grillo.
I nuovi inquilini di Sala d’Ercole targati Cinque Stelle, però, come ribadito da Giancarlo Cancellieri, manterranno una posizione di assoluta indipendenza non essendo interessati a stringere alcun tipo di alleanze: «Non le abbiamo accettate in campagna elettorale - ha affermato Cancelleri - e non le accetteremo ora. Saremo pronti a dare il nostro appoggio di volta in volta sulle proposte concrete, se serviranno al bene della Sicilia». Già, perché il vero nodo politico, da oggi in poi, sarà proprio quelle delle alleanze, visto che il neo-governatore non ha raggiunto risultati tali per garantirsi la maggioranza nel Parlamento siciliano che si presenta alquanto frammentato. La legge elettorale siciliana, infatti, prevede l’elezione di 80 deputati con il sistema proporzionale (sbarramento del 5%) e degli altri 10 con quello  maggioritario. Di quest’ultimi fanno parte il presidente eletto e il secondo candidato a governatore che ha avuto più voti, mentre gli altri otto sono il premio di maggioranza alla coalizione del candidato vincente (che scatta nonostante la percentuale avuta) che si assegna se non si raggiungono i 54 seggi. Se la coalizione che ha vinto, quindi, non si attesta su questo risultato e conquista, compreso la somma degli otto del premio (prelevati dal listino del presidente), 39 seggi come sembrerebbe nel caso di Crocetta, non può raggiungere neanche la maggioranza semplice, cioè 46. All’indomani del voto, dunque, cambia lo scenario politico siciliano, in cui l’M5S è il primo partito, seguito dal Pd (più del 13%) e dal Pdl (circa il 12%). Non raggiunge il risultato che sperava Grande Sud che si attesta intorno al 6%, e diminuisce nei consensi l’Mpa di Lombardo con oltre il 9% (14% nel 2008). Buona l’affermazione del Pid di Romano che ottiene il 6%. Esce dal gioco  Fli, che non supera lo sbarramento, così come restano fuori da Palazzo dei Normanni (nella scorsa legislatura non erano rappresentati all’Ars) l’Idv (3,5%) e Sel (3%). L’elezione a presidente di Crocetta, comunque, non deve intendersi come  una vittoria del centrosinistra in Sicilia. Piuttosto è l’amara sconfitta del Pdl e di un centrodestra che, presentandosi diviso (la posizione di Miccichè) ha consegnato l’Isola al centrosinistra. Una débacle della segreteria di Angelino Alfano che, forse, temendola, aveva ribadito più volte che «le elezioni siciliane non sono un test nazionale ma una prova per noi». Una prova che evidentemente non è stata superata, visto che il partito ha perso circa 20 punti rispetto al 2008. E Bersani, dopo la vittoria dell’alleanza Pd-Udc in Sicilia, terrà ancora fede all’intesa romana con Vendola, sconfitto invece nell’Isola?

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:08