
Avviene assai raramente nell’attività giornalistica, ma non nascondo che può capitare, di farsi prendere dall’emozione, da quelle “sensazioni umane” che sembrano avere il sopravvento sull’articolo o sull’intervista che hai intenzione di realizzare.
Può capitare cioé che, dopo tanti anni di articoli e di battaglie per sostenere una causa che si ritiene più che giusta, ti squilli il telefono e la soddisfazione riesca a farla da padrona. È successo l’altro pomeriggio quando l’avvocato Giuseppe Lipera (che ne é il difensore) mi ha chiamato per passarmi alla cornetta il dottor Bruno Contrada, pochissime ore dopo che all’ex dirigente del Sisde era stato notificato il provvedimento di scarcerazione per fine pena.
Ho avuto l’onore di parlare, sia pure per pochi minuti ma lo voglio proprio dire, con un uomo indubbiamente stanco ma ancora convinto di essere «creditore dello stato che ho servito per quarant’anni, ma prima o poi, la veritá sulla mia vicenda giudiziaria sarà finalmente ristabilita». «Ho ingiustamente pagato per un presunto reato che non ho commesso» ha tenuto a ribadire nel breve colloquio. Contrada é stato messo nei guai dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia tra cui Gaspare Mutolo e Tommaso Buscetta. Nel corso della sua lunga detenzione (nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere prima e ai domiciliari negli ultimi due anni) ha sempre respinto l’ipotesi di richiedere la grazia al Capo dello stato: per l’ex dirigente della Polizia si trattava di difendere il proprio orgoglio e, soprattutto, dimostrare che lui, con quella infamanti accuse, non aveva proprio nulla a che fare.
E la grazia, si sa, generalmente viene chiesta da chi sa di meritarsi la pena ma chiede di avere la possibilitá di non scontarla o, almeno, di non farlo per intero. Bruno Contrada, invece, sa di non aver concorso in alcun modo con la criminalitá organizzata; anzi il suo curriculum dimostra l’esatto contrario. Eppure... Lui peró non si arrende e si dichiara disposto a lottare fino all’ultimo per lasciare alla storia di questo paese la veritá: «Fino a che avrò un attimo di respiro tenterò tutte le strade perché venga ristabilita la verità. Non solo per me ma anche per le istituzioni perché la mia vicenda non ha danneggiato soltanto la mia persona ma anche le istituzioni».
Ed anche per questo, il colloquio telefonico dell’altro giorno per noi riveste un’importanza particolare e ci rende ancor più convinti che la battaglia per la veritá sará ancora lunga: per quel che ci riguarda, siamo pronti a combatterla.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:34