
Per Formigoni arriva la prima condanna penale, per diffamazione contro i radicali italiani. Novecento euro di multa cui si aggiunge la non piccola somma di 110mila euro di risarcimento. Da erogare pronto cassa, la sentenza è provvisoriamente esecutiva, a Marco Cappato, Marco Pannella e Lorenzo Lipparini, i tre radicali che secondo il giudice di Milano Carmen D’Elia sono stati diffamati dal governatore della Lombardia quando, a proposito della vicenda delle firme false per presentare la lista alle ultime regionali, affermò davanti ai giornalisti che le manipolazioni sarebbero state fatte proprio dai denuncianti.
Per i radicali italiani, una bella soddisfazione economica oltre che morale. E infatti Marco Cappato, consigliere regionale in Lombardia, la pietra dello scandalo delle vicenda firme false che segue un troncone d’indagine a sè stante, esulta: «Oggi finalmente un giudice ha riconosciuto l’onore di una forza politica che già dieci anni fa aveva denunciato in tutte le procure italiane come si raccolgono e depositano le firme in Italia per le elezioni».
La sentenza arriva a quasi tre anni dai fatti. Il pm fece solo il 3 luglio 2011 la richiesta di rinvio a giudizio, poi in aula tutto è andato più velocemente, considerato che le dichiarazioni del “Celeste” risalgono all’inizio del 2010.
L’intemerata che è costata una condanna a Formigoni, cui, risarcimenti a parte, è andata anche bene visto che il pm in aula aveva chiesto una pena di un anno di reclusione, risale al 4 marzo 2010: in quell’occasione i radicali italiani di Milano presentarono al pm Armando Spataro ulteriori prove della tardività nella chiusura delle liste di Formigoni tratte dalle dichiarazioni di esponenti Pdl.
Formigoni attaccò pubblicamnete i Radicali in conferenza stampa, parlando di complotto. Per questo venne poi denunciato per diffamazione a mezzo stampa, aggravata dall’avere attribuito un comportamento preciso, cioè quello di avere manomesso gli scatoloni delle firme. Speriamo che adesso nessuno lo trasformi in un’icona della libertà di informazione.
La vicenda Formigoni ricorda sinistramente le accuse del Pdl Lazio al militante romano Diego Sabatinelli, accusato di avere impedito fisicamente al rappresentante di lista di depositare in tempo le firme a Roma per le regionali. All’epoca parlò di «un panino consumato» fuori dal tribunale di Roma. Mentre oggi, con il senno di poi, si sono sapute come stavano veramente le cose, e cioè che le liste non vennero presentare fino all’ultimo momento per liti spartitorie last minute.
Detto questo la vicenda delle firme false per presentare le liste del Pdl in Lombardia, compresa la candidatura di Nicole Minetti, non finisce qua: dopo l’apertura del processo civile per falso nel maggio 2011 ci sono state altre due udienze l’8 giugno e il 21 settembre 2012 per decidere di periziare le oltre 900 visibilmente contraffatte. Il processo per diffamazione appena concluso in primo grado, alla faccia della trasparenza, si è svolto quasi a porte chiuse, senza la possibilità per Radio radicale di trasmettere le udienze, e questo per espressa richiesta della difesa di Formigoni che il giudice in aula non ha ritenuto di dover contraddire.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:52