
Le carceri italiane sono sovraffollate, invivibili, ben al di sotto degli standard europei e costituzionali e sono fonte di vergogna e di continue condanne della corte europea dei diritti dell’uomo? A via Arenula se ne fregano. E così hanno deciso di chiudere un penitenziario modello in Calabria a Laureana di Borrello.
Perchè? Ma perché servivano diciotto dei ventitre agenti di custodia per infoltire le scorte di politici e magistrati locali. Un’«urgenza prepotente», parafrasando le inascoltate parole del Capo dello stato Napolitano proferite a un convegno dei radicali sull’emergenza carceri tenutosi al Senato a luglio del 2011. Di questa incredibile storia di ordinari “crimini” burocratici ovviamente non parla quasi nessuno. Eppure anche Angela Napoli di Futuro e libertà alcuni giorni orsono aveva presentato una interrogazione parlamentare in materia. In essa fra l’altro si faceva rilevare come l’istituto penitenziario “Luigi Daga” di Laureana di Borrello (Reggio Calabria) fosse «una struttura modello e sperimentale in grado di contenere 68 detenuti, per lo più giovani, tra i 18 e i 34 anni di età, ai quali poteva venire garantito un percorso di detenzione associato ad un’adeguata attività di laboratorio, tre serre, una falegnameria e un laboratorio di ceramica».
Nel corso dell’anno la falegnameria, pur lavorando a singhiozzo a causa dei tagli di bilancio, era persino riuscita, grazie al lavoro di quattro detenuti, a fornire tutto il mobilio per arredare il carcere di Crotone. Poi che succede? Alcuni giorni orsono, i 29 detenuti (incomprensibile il numero di presenti a fronte dei 68 posti previsti, ndr) sono stati improvvisamente trasferiti, contribuendo così all’aumento del già presente sovraffollamento negli altri istituti. Il personale di Polizia Penitenziaria, tutto distaccato, rientrerà nelle sedi di provenienza, mentre quello appartenente al Comparto Ministeri, effettivamente assegnato all’istituto, senza essere interpellato e senza consultazione delle organizzazioni sindacali, è stato già dislocato presso altri penitenziari della Calabria.
In realtà, come poi si è saputo dai sindacati di polizia penitenziaria, il carcere è rimasto vuoto con cinque agenti di custodia rimasti lì a far la guardia al bidone per evitare episodi di vandalismo, sempre possibili in terra di ‘ndrangheta. Gli altri agenti, invece di attingere a tutti quelli distaccati al ministero o in altre sedi romane, sono stati assegnati al servizio delle scorte dei politici e dei magistrati calabresi. E al nucleo di traduzione dei detenuti.
Finora si sono mossi su questa cosa esclusivamente, nell’ordine: “i soliti radicali”, Angela Napoli, i sindacati della polizia penitenziaria che minacciano di denunciare il ministero per comportamento anti sindacale, rispetto al nuovo distaccamento degli agenti che lavoravano a Laureana, e qualche politico locale. Come Angelo Eroi, che ha ricordato alla stampa locale come «Laureana riveste nel nostro territorio il significativo e fondamentale ruolo di costituire un presidio di legalità in un contesto ad alta densità criminale e, val la pena ricordarlo, rappresenta un idoneo ed efficace strumento per sottrarre i giovani al loro primo reato alle “tentazioni” della ‘ndrangheta proponendo loro un patto fondato sul rispetto delle regole e sul lavoro regolarmente retribuito e tutelato».
Addirittura surreale il comunicato stampa rilasciato a proposito di questa storia dalla Uilpa, la sezione della Uil che si occupa della pubblica amministrazione carceraria: «Sorprende e sconcerta il comunicato diffuso dall’Ufficio stampa del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in merito alla chiusura, asseritamente temporanea, della Casa di Reclusione “Luigi Daga” di Laureana di Borrello. A prescindere dalla circostanza che l’Italia è un Paese in cui nulla è più definitivo di ciò che nasce come temporaneo, alle parole non corrispondono i fatti. Risulta, in realtà, che è in corso un vero e proprio smantellamento della struttura, con cessione ad altri penitenziari calabresi di beni e suppellettili che vanno dagli automezzi ai frigoriferi dei reparti detentivi, passando per i computer in uso agli uffici della struttura. Per di più, si ha notizia che è stata disposta la vigilanza dell’edificio, ad opera della polizia penitenziaria, sino alla metà di ottobre, dopodiché verrà di fatto abbandonato a se stesso».
Per la cronaca, la dichiarazione promana da Gennarino De Fazio, della direzione nazionale della Uilpa penitenziari. Che aggiunge: «Non si comprende, poi, quali fondi sarebbero necessari per la riapertura del carcere, atteso che la chiusura, secondo lo stesso Dap, è da imputarsi alla necessità di impiegare in carceri limitrofi i circa 20 agenti di polizia penitenziaria di Laureana. In realtà la Casa di Reclusione era in pieno esercizio, tanto che il blitz con cui è stata chiusa e che ha visto l’impiego di uomini del Gruppo Operativo Mobile appositamente arrivati da Roma è caduto inaspettato come un fulmine al ciel sereno. Dunque, o a Roma non sanno cosa sta avvenendo realmente in Calabria o mentono sapendo di mentire».
«Che logica ha, per di più – chiosa ancora il sindacalista – prevedere lo stanziamento di 21,5 milioni di euro per rendere utilizzabile un lotto del costruendo carcere di Arghillà (Reggio Calabria) per 150 posti detentivi da ottenere, verosimilmente, nel 2014 (organici di polizia penitenziaria permettendo) e chiudere una struttura, efficiente ed efficace, che può comunque garantire circa 100 posti? Il problema vero della Calabria, che si aggiunge a quelli connessi al sovrappopolamento detentivo ed all’insufficienza di organici e risorse che attanaglia tutto il Paese, è che da molto più di due anni non vi è una guida certa e costante e le sorti del Provveditorato regionale sono affidate ai vari dirigenti “part-time” che si avvicendano periodicamente nonostante i ripetuti, quanto nei fatti non veritieri, annunci di nomina imminente». Con sarcastica provocazione, De Fazio propone: «Se la logica è quella di chiudere Laureana di Borrello perché mancano gli agenti, allora si chiuda pure il Provveditorato perché manca il provveditore titolare».
Un bel casino insomma, con versioni dei fatti che si smentiscono l’una con l’altra. Qualcuno ora, questa cosa, vada a spiegarla al ministro della Giustizia, Paola Severino, che straparla di svuota carceri, mentre la sua burocrazia ministeriale chiude i penitenziari che funzionavano.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:11