Il Pdl nel Lazio ha le ruote sgonfie

«Aspettiamo ora l’ordinanza di arresto degli altri 70 consiglieri regionali con riferimento anche a coloro che fanno parte della segreteria dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale del Lazio», questa affermazione dell’avvocato Carlo Taormina, difensore dell’ex capogruppo Pdl in Regione Lazio, l’arrestato Franco Fiorito, sintetizza come sia stata di fatto rottamata l’intera classe politica del Lazio. E questo non perché verranno arrestati tutti, ma perché su ogni politico o politicante di Roma e dintorni ormai pende il dubbio, la macchia indelebile d’aver coperto, fatto finta di non vedere, compiaciuto.

A finire in rottamazione non è solo il Pdl, ma tutto il sistema dei partiti che, trasversalmente, ha attinto allo strumento regionale dei fondi a disposizione dei gruppi. Certo chi ne esce peggio è proprio il Pdl, che oggi pare non riesca proprio a trovare la quadra su Roma e nel Lazio. Anche perché ora nel Pdl è scattata l’ora l’estremo coraggio: nessuno conosce i sodali di partito, nessuno di loro ha nemmeno preso un caffè col compagno politico di merenda, non sanno chi sia Fiorito... la memoria non li aiuta. «Io ero a Strasburgo, e in mezzo a questa robaccia non ci sono entrato e non ci voglio entrare» afferma Alfredo Pallone, vicecoordinatore del Pdl nel Lazio. «Non sono stato raggiunto da alcun avviso di garanzia e sono certo che non verrò raggiunto, anche perché dal 9 al 12 settembre ero a Strasburgo.

Il 12 settembre in particolare (giorno della riunione in cui si decise la divulgazione delle fatture risultate poi falsificate, ndr) ero a Strasburgo e alle 17 ero ad Atreju. Non potevo partecipare a nessuna riunione». A ruota, e dopo Pallone, tutti negano d’aver solo sentito parlare di Fiorito. «Era un cane sciolto - afferma un esponente del Pdl (ci chiede d’omettere nome e cognome) - quasi un outsider, faceva politica per i fatti suoi, credo ad Anagni e dintorni. Non ricordo d’averlo mai incontrato di persona: anzi, ora che ci penso, l’ho sentito nominare per la prima volta da un mese a questa parte solo su giornali e tivù». Ma era il capogruppo? «Non ricordo», taglia corto. Tutta questa pantomima va di scena mentre starebbe partendo proprio nel Lazio la scissione del Pdl, tutta tra ex forzisti ed ex aennini. Chi la spunterà?

Di certo nessuno, in queste condizioni di massima disorganizzazione il centro-destra è candidato a perdere comune (area metropolitana), regione e politiche. A questo s’aggiunge l’arroganza della classe dirigente che, lungi dall’intelligente autocritica, si barrica dietro paraventi come «siamo stati traditi», «è stato un trabocchetto di sinistre e magistratura», «non è così come sembra»... In questa desolazione spiccano le parole di Maria Stella Gelmini: «Il caso Fiorito ha prodotto un danno molto forte all’immagine del Pdl, che però è anche legata ad amministratori che svolgono con serietà e correttezza il loro compito... ora da parte nostra ci sarà una forte attenzione al tema, oltre che alla formazione e selezione della nostra classe dirigente». Ma la strada è in salita, soprattutto nel Lazio.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:14