
Si avvicina il giorno delle decisioni in casa centrosinistra: con quali modalità si faranno le primarie? Vendola che alla fine che fa? Il 30 settembre, giorno prescelto dal governatore pugliese per sciogliere la sua riserva, si avvicina a grandi passi. Una riserva che in realtà, a meno di rivoluzioni dell’ultimo minuto, sembra essersi sciolta in positivo, dato che da Grosseto arriva la notizia della nascita di un primo comitato per Vendola. Se quindi da Sel arrivano segnali di competizione, la zona veramente calda però è in casa Pd.
Ed ecco materializzarsi un’altra data simbolo: il 6 ottobre, giorno dell’Assemblea nazionale del Pd, redde rationem del regolamento per le primarie: da lì partirà la mega trattativa per le regole. C’è di certo che sarà comunque un giorno importante. Bersani e Renzi ne sentono la pressione e sfoderano le loro mosse, cercando di chiudere i propri cerchi. C’è altrettanto di certo che il trio Migliavacca (Pd), Ferrara (Sel) e Di Lello (Psi), trojka incaricata di scrivere le regole, ha emanato la sua bozza. Un abbozzo pro-Bersani ma soprattutto anti-Renzi: voto col doppio turno, elettori registrati, identificati ed inseriti in un albo pubblico, con l’obbligo di firmare la carta d’intenti. Niente infiltrati, niente imboscati: quello su cui puntava il sindaco di Firenze. Di più: niente turno unico.
Il doppio turno favorirà sì una certa dispersione nella prima tornata, con la possibilità di vedere Renzi in testa al primo spoglio, ma poi dovrebbe favorire il convergere dei voti di quasi tutti gli altri candidati (Vendola in primis) su Bersani, aumentandone le probabilità di vittoria finale. Pupo Renzi si trasforma subito in fiume in piena e accende i motori da subito, all’ora del caffè. La tribuna prescelta è Radio anch’io: «Le regole delle primarie devono essere le stesse delle precedenti primarie. Perché cambiarle?», si chiede il sindaco toscano. «Ma vorrei sdrammatizzare: noi vinceremo se saremo più bravi di Bersani, non sulla base di alambicchi regolamentari». E poi, tornando su Bersani: «Io mi fido di quello che decide il segretario. In generale, ci sono due modelli: allargare o restringere il campo degli elettori. In America è Romney che persegue l’obiettivo di registrare gli elettori. Io sogno un Pd che si apre».
Sul contributo per votare alle primarie, Renzi ha inoltre spiegato: «Il tema dei 4 euro è strumentale. Non so quanti saranno gli euro da pagare per votare, però io credo nei cittadini che finanziano la politica. Per il mio camper funziona così. Il problema è togliere il finanziamento alla politica». Renzi a tutto tondo, Renzi non ci sta, il Pd gli sembra la macchina di Romney, il suo partito ideale deve aprirsi. Deve aprirsi anche a quelli che ci ripensano, a quelli insomma che Bersani proprio non vuole vedere: i centrodestrorsi pentiti. Proprio il bacino d’utenza che farebbe comodo al sindaco di Firenze: qualcuno vuole partecipare perché incuriosito, qualcuno perché in Renzi vede il leader carismatico à la Weber, qualcuno solo per sabotare. Tutto fa brodo e il Pupo ha fretta di crescere.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:56