Il centrodestra, inteso come quella parte del paese che, semplificando, non si riconosce nella storia e nelle idee della sinistra nelle sue diverse articolazioni, continuerà ad esistere, probabilmente ad essere maggioritario e a impedire alla “gioiosa macchina da guerra” di Bersani e D’Alema di conquistare Palazzo Chigi.
Il centrodestra dei partiti, invece, è imploso, rischia di andare incontro ad una frammentazione estrema, con nessuno tra vecchi e nuovi soggetti capace di andare oltre il 20%. Non traggano in inganno quegli elettori che nei sondaggi ancora dichiarano che voterebbero Pdl. Al contrario di indecisi e astenuti, confessano che ad oggi rivoterebbero Pdl, pur turandosi il naso, ma fuggirebbero di corsa anch’essi non appena si manifestasse un’offerta politica minimamente più credibile (e ci vuole davvero poco) come alternativa alla sinistra.
Tra uno scandalo e l’altro, e l’indecisionismo di Berlusconi, il Pdl non tocca più palla da settimane, mesi, paradossalmente proprio da quando il Cav. ha fatto capire di essere pronto a ricandidarsi. Così facendo ha delegittimato Alfano e sostituito una linea, sebbene appena abbozzata, con del vuoto. Con l’intervista all’HuffingtonPost Italia, Berlusconi ha solo formalmente rotto il suo silenzio. Contornato da una serie di affermazioni impudenti (lui non avrebbe aumentato le tasse), o incomprensibili («braccia aperte» a Tremonti), che denotano un preoccupante distacco dalla realtà, il succo è l’attesa.
È pronto, o finge di prepararsi a ricandidarsi, ma non ne ha alcuna voglia. E temporeggia. Vorrebbe che qualcun altro raccogliesse dalle sue mani lo scettro di guida dei “moderati”. Monti di recente ha lanciato alcuni segnali: ha dato un giudizio positivo su Forza Italia, si è dichiarato culturalmente vicino ai Popolari europei, e ha “stracciato” lo statuto dei lavoratori. Ma nessuno, né il professore né Montezemolo, ha la minima intenzione di accostare il proprio nome al Pdl e a Berlusconi. Le manovre del Cav. rischiano dunque di somigliare ad un patetico casting disertato dai grandi interpreti e pieno di comparse, mentre nel frattempo il Pdl è paralizzato, sia nei contenuti che nel rinnovamento interno. In queste condizioni è facile prevedere che il Pdl, e quel poco di buono che nonostante tutto potrebbe ancora esserci, verrà spazzato via, sostituito da un panorama estremamente frammentato.
Forse la condizione ideale per un Monti-bis, ma non per la governabilità del paese. Benvenuti i nuovi impegni di Berlusconi e Alfano su finanziamenti, trasparenza e candidature, ma l’unica alternativa, o meglio l’ultima speranza, per uscire da tutta questa immondizia politica che hanno in casa, è premere il pulsante “eject”: convocare primarie aperte per la leadership di un nuovo centrodestra; annunciare che l’ex premier non parteciperà, ma che si concentrerà nel rinnovamento interno; e offrire totale disponibilità a discutere le modalità con i soggetti, vecchi e nuovi, interessati. L’effetto sarebbe duplice: da una parte riportare idee, contenuti e facce nuove al centro del dibattito pubblico (l’unico modo per cercare di convincere i cittadini a riavvicinarsi), relegando in secondo piano, mediaticamente, gli orrori degli scandali quotidiani; dall’altra, togliere qualsiasi alibi e pretesto a chi come condizione per discutere con il Pdl non si accontenta di operazioni di mero maquillage, ma pretende – giustamente – una cesura netta rispetto al passato.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:15