
Sono tre, sono relativamente giovani, sono “Turchi”. Lo staff di cui Pier Luigi Bersani ha voluto circondarsi per la battaglia che lo vedrà confrontarsi con Matteo Renzi non prevede i nomi altisonanti del gotha del partito. Saranno Alessandra Moretti, Roberto Speranza e Tommaso Giuntella a coordinare la sfida per la premiership del segretario Democratico. Tutti e tre fanno parte dell’ortodossia della corrente di Stefano Fassina, il discusso responsabile economico del Pd.
Moretti ha trentanove anni, è avvocato da quattro ricopre il ruolo di vicesindaco nella giunta di centrosinistra che amministra Vicenza, da tre è stata chiamata dal segretario nell’Assemblea nazionale del partito. Si occuperà della comunicazione della campagna. Coordinatore politico sarà Speranza. Coordinatore del partito in una Basilicata amministrata dal margheritino Vito De Filippo, era in ballo per la segreteria dei Giovani democratici, ma gli fu preferito Fausto Raciti. Giuntella ricoprirà un ruolo ibrido, quello di Coordinatore dei rapporti con la società civile. Figlio del corrispondente del Tg1 al Quirinale scomparso nel 2008, è consigliere in uno dei municipi di Roma. Sul suo profilo Facebook si definisce “liberale”, ma i bene informati lo definiscono di scuola dossettiana.
Una scelta di basso profilo, orientata su figure di secondo piano della corrente guidata dallo stesso Fassina, insieme a Matteo Orfini e Andrea Orlando. «È complicato ricostruirne il profilo politico, perché non hanno fatto nulla», spiegano alcuni dirigenti del partito. Gli stessi che tuttavia ammettono che uno dei meriti di Bersani sia stato quello di crescere nel tempo una pattuglia di legionari, che oggi costituiscono il nocciolo duro dei quadri che lavorano per la campagna del segretario. Sono loro a spingere perché il regolamento delle primarie preveda un turno unico. Anche se non dovesse arrivare la legittimazione del 50% dell’elettorato, la paura che Renzi possa farcela in uno scontro uno-contro-uno è molta. Sarebbero i grandi vecchi del patto di sindacato che si sono stretti attorno all’ex ministro che non vedrebbero di buon occhio un candidato leader incoronato da una minoranza relativa del popolo della sinistra, spingendo così per il doppio turno.
Bersani ha assicurato che la corsa per la leadeship, precisa, non lo distrarrà dal ruolo di segretario del partito. Ha ricordato che con le primarie s«i sceglie il candidato dei progressisti al governo del paese. E nessun’altra cosa».
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:12