
«Non lascerò l’Italia, non chiuderò stabilimenti»: così ha detto Sergio Marchionne in un’intervista pubblicata su Repubblica, ma la situazione è pesante. La Fiat perde 700 milioni di euro in Europa ed anche gli ultimi dati sulle vendite non sono certo buoni. Sergio Marchionne ha rotto il silenzio con il direttore Ezio Mauro. «Non sono l’uomo nero, mi impegno ma non posso farlo da solo ci vuole anche un impegno dell’Italia, io faccio la mia parte» – sono le sue parole. E allora i dubbi e le paure sul futuro di Fiat in Italia restano.
Quando spiega agli americani il successo di Detroit ed il disastro di Torino loro fanno due conti e gli dicono cosa farebbero: la chiusura di due stabilimenti per togliere sovracapacità dal sistema europeo. Se lui si comporta diversamente ci sarà una ragione, fa notare. Ma cosa sta succedendo? Chiarissima la risposta. In conclusione la Fiat sta accumulando perdite per 700 milioni in Europa e sta reggendo a questa perdita con i successi all’estero, negli Stati Uniti e nei paesi emergenti. «Queste sono le uniche due cose che contano se vogliamo confrontarci - continua Marchionne - dobbiamo partire da qui, non si scappa. In questa situazione drammatica non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti non ho mai detto che voglio andar via».
E la Fiat resta in prima pagina e a Torino c’è il leader della Cisl Raffaele Bonanni mentre Diego della Valle attacca in tv il manager e la famiglia Agnelli. I soggetti sociali non si affidano ad un’intervista, si affidano a discussioni formali, quindi Marchionne ci convochi subito perché deve chiarire se a fronte di una ripresa quel piano esisterà ancora e poi si facesse un incontro con il governo e il governo fa bene a chiedere a Marchionne chiarezza sui propositi per il futuro, ha riferito Bonanni. Intanto continua l’annata nera delle vendite per Fiat. Proprio stamane è stato reso noto il bilancio estivo in tutta Europa. In un mercato sceso del 7,5% in luglio e dell’8,5% in agosto le vendite Fiat hanno perso più del doppio, meno 16% in luglio e meno 18% in agosto. Ma la Fiat non fa beneficenza. Se produce e guadagna va bene, se produce e non vende ci perde, è questa la semplice realtà da accettare. Se vende meno, stando in Italia bisogna vedere quanto gli rimane di guadagno per poter pagare i suoi dipendenti.
Passera ha chiesto ad un’azienda quotata in borsa di ricordarsi i benefici che in passato ha ricevuto dallo stato italiano. Lo stato italiano li diede per avere in cambio la pace sociale e quei benefici hanno contributo a far dilatare oltre misura il nostro debito pubblico, compromettendo la pace sociale di oggi. Gli azionisti dell’epoca accettarono perché altrimenti sarebbe loro convenuto delocalizzare e produrre altrove quindi, rimanendo in Italia, hanno restituito il favore dando occupazione a migliaia di persone. L’unica cosa che il governo dovrebbe e potrebbe fare oggi, sarebbe quella di migliorare la legge sul lavoro e diminuire il cuneo fiscale in modo da rendere più appetibile alle aziende, il rimanere in Italia. Ma finché comanderanno sindacati ottusi come Cgil e Fiom e giudici che stabiliscono quali e quanti operai devono essere assunti in una azienda, si può pensare che la strada per l’uscita dall’Italia sarà una strada obbligata e non solo per la Fiat.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:55