
Il caso Fiorito esplode alla vigilia d’una campagna elettorale dai toni più accesi del solito, e tanto simili a quelli in uso nel 1993. È evidente che il polverone in Regione Lazio non sia nato per una segnalazione fatta da Unicredit: la banca avrebbe allertato Bankitalia sui ricchi movimenti nei conti del Fiorito, a sua volta l’organo di vigilanza avrebbe allertato Finanza e Procura.
Ma volete darci a bere che l’eroico gesto nasca nello sportello interno alla Regione Lazio, dove lavorano impiegati amici dei politici? La vicenda è poco credibile e sfiora la farsa. Anche perché Franco Fiorito fa la bella vita da sempre, e nessuno ha mai pensato di mettere sotto la lente d’ingrandimento le sue uscite in auto, cene, vacanze ed accompagnamenti vari con belle fanciulle.
Tutti comportamenti al limite, ma a nessuno è mai convenuto politicamente sanzionarli prima. Oggi invece la musica è cambiata, c’è una spaccatura nel Pdl nazionale e regionale. Soprattutto Fiorito fa parte della componente legata ad Alemanno ma folgorata sulla via di Arcore: i fascio-berlusconiani, odiati dai moderati democristiani del Pdl.
«Degli 800mila euro prelevati dal conto corrente del Pdl Lazio non ho rubato un centesimo. Gran parte li ho rimessi sul conto in Regione - spiega Fiorito - dopo averli prelevati per autorizzare le spese dei singoli consiglieri. Articolo 8, note spese regionali. Ho le carte. Spero che la procura me le chieda». Poi Fiorito dichiara a Repubblica: «Sono stato io a far partire l’inchiesta, ho segnalato per primo le anomalie». E’ evidente che chi ha lanciato il sassolino non prevedeva si trasformasse in valanga. Ora c’è il rischio (anzi è certezza) che Fiamme gialle e Procura rivoltino come un calzino la Regione Lazio, che certamente non è un ente di carità. Così Fiorito potrebbe illuminare il sentiero degli inquirenti non solo sulle spese folli di consiglieri ed assessori, ma anche sugli affari che ruotano attorno alle società partecipate dalla Regione.
«Mi sono autosospeso, perché dovrei dimettermi? Non ho rubato, io». La sicumera di Fiorito lascia intendere che per lui non si replicherà quanto già visto con Luigi Lusi ed Igor Marini: perché qualcuno vuole trasformarlo nel grande pentito della Regione Lazio, nello strumento giudiziario che consenta di spazzare via l’intero centro-destra dall’Ente. E i consiglieri regionali del Pdl, poco consumati ad essere omertosi, all’asciutto della vecchia scuola democristiana, cascano con tutte le scarpe nel trappolone.
«Feste ne ho sempre organizzate, ma con i soldi miei. Fiorito mi ha diffamato con quella storia del party a Cinecittà da 50mila euro, e a suo dire coi soldi del Pdl, ma sono solo bugie, quella cifra era relativa a un preventivo...», afferma Carlo De Romanis, giovane consigliere del Pdl alla Regione Lazio Carlo.
Poi aggiunge: «Ho sempre dato feste in costume, anche una all’Auditorium con i giovani del Ppe. Ci ho rimesso ventimila euro...». Di questo passo ogni sprovveduto consigliere si sentirà obbligato a raccontare anche il più puerile furto di marmellate. È la fine, e c’è chi se la sta godendo.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:09