I neri, gli azzurri e il caso Fiorito

Sulle ceneri di quella che fu la Mediaset dei Vianello, Fede, Bongiorno e Mentana, nell’azienda berlusconiana si sta sviluppando una tv diversa, meno governativa e più corrosiva, contestatrice dei sepolcri imbiancati dell’oligarchia politica. Praticamente un ritorno ai tempi dell’inizio, di vent’anni fa, un ritorno alla demolizione antipartitica attuata a sostegno di Mani pulite dalla miriade dei Bosio, piazzati tra pensiline, bus e tribunali a megafonare gli atti del martello giudiziario. L’abilità della nuova antipolitica Mediaset è quella di interpretare la rabbia del mondo del lavoro e dell’impresa in tempo di crisi, salvando ad un tempo le ragioni del Nord  e le sorti del Pdl. Esattamente l’opposto dell’antipolitica di giornali e Rai – La7 che hanno sempre indentificato la casta politica nei partiti di centrodestra. Stavolta però lo scandalo dell’uso facile e sprecone del finanziamento dei partiti è calato sul partito berlusconiano, dopo quelli di Api-Margherita e di Lega. Cosa abbastanza sorprendente. A Lusi e Belsito, si aggiunge così Fiorito, ex An di Ciociaria, divenuto gestore dei fondi del gruppo consiliare laziale Pdl.

Il grosso - 130 kg su 1m e 91cm - ex presidente, di primo acchitto, un po’ ruspante, un po’ grezzo, dovrà temere parecchio per l’incarico a suo favore preso dall’avvocato Taormina che ha all’attivo già un paio di disastri dalla commissione Telekom Serbia alla Benzoni. La seconda cosa sorprendente è la reazione d’indignazione scattata tra le stesse fila del Pdl, in particolare delle sue donne romane, Meloni, Lorenzin e Polverini. Parliamo di un partito abituato a vedere leader, prime, seconde e terze file, sotto inchiesta, sotto intercettazione e sotto processo permanenti. Un partito uso ad essere marcato stretto dalla magistratura, un partito che può offrire al Guiness dei primati la fine di ogni guarentigia elettiva, come per Di Girolamo, dimesso d’autorità, o di Papa, buttato in galera da eletto praticamente sine sensu, un partito in genere abituato a non reagire alla giustizia avversa, se non curvandosi alla tempesta come un bambù. Il Pdl è un partito che teorizza l’uso politico della giustizia ma poi non lo contrasta per spirito di moderazione: in genere reagisce poco. Invece per il Fiorito, nel Pdl, senza governo, né chiaro futuro, scatta una rabbia primigenia, antipolitica e antipartiti della Prima repubblica: la Meloni vuole calci nei denti per l’ex capogruppo regionale del suo partito, la Lorenzin una punizione esemplare. Quanto alla governatrice laziale Polverini, si presenta reduce da interventi ospedalieri, pronta al sacrificio come una nuova Magnani, per imporre il blocco dei quattrini per tutti i gruppi consiliari o in alternativa il ritorno al voto. Così si alza la pira salvifica su cui arrostire la retorica di destra di campagna per ridare dignità ai partiti e ritrovare un dialogo tra loro e società. La tempistica di certe inchieste non è mai casuale. Si scopre che Lusi usa a suo consumo i soldi della defunta Margherita, proprio mentre Rutelli risucchia i centristi Dc dal Pd verso il grande centro. Inchiesta Lusi, Rutelli ai minimi termini, ritorno della famiglia Palombelli nel Pd con le pive nel sacco. Si scoprono gli investimenti africani e le lauree albanesi promosse dall’amministratore leghista Belsito, proprio quando Berlusconi è in caduta libera e si tratta di defestrare l’antico leader Bossi, garanzia dell’unione berlusconianleghista. 

Anche il ciclone sul consigliere più eletto al Comune di Roma, Piccolo, appare come un fulmine a ciel sereno, utile a ributtare giù il sindaco Alemanno, appena uscito dall’esibizione di associazioni e giornate sociali a suo favore. Ed ora il caso Fiorito appare utile per realizzare quella spaccatura tra neri e azzurri già nell’aria a Roma e nel Lazio, inseguita da chi spera di far sparire il centrodestra nei prossimi risultati. Le dimissioni della Polverini portebbero ad una triplice ruota elettorale: comunale, regionale, nazionale; e potrebbero consolidare il ruolo outsider della leader laziale, eletta in fondo anche senza l’ex partito di maggioranza. Con presenza di spirito, la governatrice ha evocato il finale tragico ricordando la parodia comica dell’avvio del suo governo. Il finanziamento pubblico dei partiti, com’è noto, in un rapporto leale società-rappresentanti avrebbe dovuto sparire tanto tempo fa. Al suo fianco, sono poi sorte le fondazioni, casseforti miliardarie dei capi componenti, che hanno ucciso del tutto i partiti e svuotato i loro budget. Poi l’erogaazione di fondi nei gruppi degli enti locali, dai budget più o meno ricchi a secondo dei territori, ha significato ulteriore denaro pubblico per rais e capigruppo. Da ultimo i verticissimi dei grandi partiti poggiano sulle aziende ed i relativi manager di riferimento. Tutti i casi citati sono frutto di rapporti tra privati; sono indagini di avversari politici o di inchieste mancanti di denunciante, denunciato e reato. Cento milioni distribuiti dall’ufficio di presidenza della Polverini ai gruppi partitici erano un’enormità, uno spreco in qualunque caso. 

Che poi venissero utilizzati per convegni, manifesti, o sezioni, oppure per feste, macchine e viaggi, cosa cambia? Come tante altre volte si cerca di estrarre dall’indignazione naturale, il reato che non c’è per mero attacco politico. Nel frattempo i tanti casi dell’amministrazione Vendola, o di Penati, dove invece c’erano i reati contro la pubblica amministrazione, giacciono scordati. Come quelle di Mani pulite, anche le scoperte dei radicali laziali hanno il sapore giacobino dell’inchiesta giudiziaria permanente sull’avversario politico. Tutto questo manda in onda la nuova Mediaset che lancia nella propria cerchia la rabbia di doberman politici desiderosi di sangue e mondezza politica. Quinta Colonna, manda in onda anche un siparietto surreale tra una bella inviata che ha poco del giornalista ed il bel giovane vicepresidente Pdl De Romanis, quota forzista. Anche l’azzurro De Romanis scarica il nero Fiorito, dichiarandosi non solo completamente estraneo, ma senza informazioni sulla gestione del suo gruppo consiliare regionale. In ogni caso un autogol totale. Il giovane mostra un vero volto non politico, nuovo avatar sulle orme del vuoto pneumatico dei vecchi che da sempre condanna un vasto voto popolare laziale al vuoto di contenuti ed all’insignificanza. Invece che le primarie An contro Fi, sognate dai giovani destri di Atreju, ci sarebbe l’occasione per un Midas che liberi chi vuole fare politica dal peso dell’eredità di famigli e clientes. Neri eretici di provincia contro tutti, neri contro neri, azzurri contro neri. Viene da rimpiangere il tempo del basso profilo quasisolidale. Forse un giorno la teoria dell’uso politico della giustizia si farà anche azione conseguente. Dipenderà dalla nuova linea politica tv.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:53