
«L’università al suo interno ha i geni per poter essere l’elemento di traino del paese». Così il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo ieri ha provato a trovare elementi di positività in quella che lo stesso premier Mario Monti ha definito una crisi strutturale.
Ma c’è poco da stare allegri. Oggi verrà presentato al Cnel il rapporto sul mercato del lavoro, curato da Marco Dell’Aringa. E i freddi numeri azzoppano gli slanci anche del più indefesso tra gli ottimisti. Negli scorsi dieci anni l’output per ora lavorata (valore aggiunto al costo dei fattori) del settore manifatturiero, è crollato dopo il boom degli anni Settanta. Il valore dell’indice, che per il nostro paese è crollato a un misero 0,4% in media d’anno, è tra i più bassi dei paesi sviluppati, sorpassato anche dalla maggior parte delle economie in via di sviluppo. Numeri assai diversi rispetto all’1,8% della Germania, al 2,5% della Francia, al 2,8% dell’Olanda, al 3% del Regno Unito. Meglio di noi, nonostante la tempesta che l’ha investita, ha fatto anche la Spagna (1,5%).
«Occorre che la politica sappia reagire» si legge nel rapporto. In caso contrario si «potrebbero subire pressioni sulle dinamiche salariali e assisteremmo «lunghi periodi di stagnazione dell’attività economica». «Tale scenario – fa notare Dell’Aringa - come l’esperienza greca ha mostrato ha implicazioni di carattere sociale allarmanti». Servono quindi «riforme strutturali sulla crescita».
Proprio di riforme del sistema-paese discuteranno sabato, tra gli altri, Antonio Martino, Guido Crosetto, Enrico Morando e Nicola Rossi, convocati ad Assergi – in provincia dell’Aquila – dal direttore de L’Opinione Arturo Diaconale a discutere di dell’“Agenda Italia”, cinque grandi riforme su cui impegnare i liberali presenti in tutti gli schieramenti politici. Tra i punti in agenda, oltre all’impianto istituzionale, al sistema fiscale e al comparto giustizia, anche, per l’appunto, una modifica radicale del mercato del lavoro.
«Non capisco le critiche al ministro Elsa Fornero perché non vedo la riforma» ha spiegato sabato Marco Taradash, tra coloro che hanno aderito alla tavola rotonda.
«Bisogna cambiare la mentalità, passare dalla logica volta a difendere il posto di lavoro a quella che punta a crearne di nuovi – prosegue Taradash - I sindacati non possono continuare a difendere per sempre il proprio ruolo. Ma anche gli imprenditori devono rinunciare ad alcuni sussidi da parte dello stato». Insomma, la strada è lunga. Sabato qualche coraggioso proverà a intraprenderla.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:01