Matteo Renzi? È vecchia politica

Adesso! E’ lo slogan che il sindaco di Firenze ha scelto per connotare la sua campagna elettorale per le primarie del centro-sinistra, quelle cioè che dovranno decidere il leader della coalizione che si candiderà a guidare il prossimo governo dell’Italia e non quelle che servono a scegliere il segretario del Partito Democratico. Adesso! Come se non fossimo già tutti troppo dentro ad un eterno presente, dentro un sistema partitocratico fermo, autoreferenziale, immobile, tutto incentrato sul presente, senza futuro e senza memoria. Adesso! E’ lo slogan della partitocrazia.

Ma è comunque lo slogan giusto per Matteo Renzi perché gli appartiene, perché lo rappresenta, ne traccia il profilo politico in maniera puntuale. E’ forse la parola che più e meglio di altre corrisponde al suo modo di essere perché svela la sua natura politica: quella di chi non ha una visione, di chi ha la vista corta, anche se dice di guardare ai prossimi 25 anni. Adesso! E’ lo slogan che identifica Renzi sul piano politico perché, quella sola e unica parola, ci trasmette un messaggio preciso e ci dice che il sindaco di Firenze guarda all’oggi e non al domani. Del resto, non può guardare al futuro perché non ha memoria storica né memoria politica. A lui interessa il presente, non il futuro, anche se si affanna a dire il contrario. Quello che conta, però, non sono le parole che si dicono, ma il messaggio che si trasmette, il sottotesto, ciò che si è. La campagna elettorale di Renzi ci dice che il sindaco non ha una visione, ma si muove in modo tattico non avendo altra strategia tranne, forse, se stesso e la sua ambizione. Matteo Renzi ha dimostrato, però, di saper cogliere la sfida politica con serietà e, allo stesso tempo, con la giusta leggerezza.

E’ come se avesse trovato un equilibrio tra serenità e urgenze, tra gioiosità e problemi, tra proposte e domande. Renzi si diverte a fustigare i vecchi costumi e trasmette leggerezza ma, allo stesso tempo, sa affrontare le più gravi questioni con serietà. Insomma, ha dimostrato di avere molte qualità politiche e di saperle esprimere con coraggio ed efficacia. Prima di tutto ha saputo affrontare la nomenclatura del suo partito senza farsi mettere da parte, rilanciando sempre, come un giocatore di poker. In più, sa fare un uso calcolato della demagogia, ben sapendo che non è da quella demagogia che trarrà i presupposti per diventare un leader, ma fa leva su di essa per sollevare il dibattito sulla sua persona. E questa è un’abilità. Inoltre, Renzi ha dimostrato di saper essere una persona recettiva, capace di ascoltare, di osservare ciò che accade intorno, si interroga, impara alla svelta, assorbe i consigli del suo staff, copia anche dall’avversario se necessario e se può essere utile all’immagine di novità che ha saputo cucirsi addosso. Ma non basta: il sindaco di Firenze ha soprattutto la capacità di cavalcare l’onda polemica e contestatrice senza farsene travolgere, come se andasse sul wind serf. E’ una dote rara. Di più: Renzi sa mantenere una invidiabile lucidità in pubblico, ma è anche abbastanza emotivo e questo gli giova perché restituisce verità a un suo sottotesto che, troppo spesso, fa suonare le sue parole come finte, artificiose, costruite, estranee al suo corpo. Perché le idee nascono dal corpo. Comunque, lo sfidante di Pier Luigi Bersani sa utilizzare con intelligenza il mezzo televisivo, anche se in tv non conta ciò che si dice, ma quel che passa sul piano emozionale. In tv, quello che conta sono gli occhi, lo sguardo, la faccia, i gesti, le gambe, i silenzi.

Ecco, Renzi in tv appare costruito, finto, non crede nelle cose che dice, anche se sa esprimerle molto bene, e si capisce che le sue parole o le sue proposte politiche nascono per esigenze mediatiche e di immagine personale, non in virtù di un suo pensiero politico o di un progetto politico per il Paese. Anche quando sono parole sue, le idee espresse da Renzi sembrano essere distoniche rispetto a ciò che lui sente veramente dentro di sé. Il messaggio dei suoi sottotesti, che arrivano tramite lo schermo televisivo, è quello di una persona che non la racconta tutta, di un arrivista, di un furbo. Forse onesto, ma non intellettualmente onesto. Insomma, Renzi nasce politicamente vecchio. Non ha una visione. E ormai non può più tornare indietro, ha fatto la sua scelta precisa: ha deciso di candidarsi alle primarie del centro-sinistra, cioè di sfidare il regime sul campo melmoso dell’attuale assetto di Potere. Anzi, peggio, il sindaco di Firenze è un prodotto della partitocrazia. E’ proprio l’attuale sistema di Potere fine a se stesso che lo ha prodotto. Infatti, Matteo ha scelto di arrischiarsi su quel campo, fatto di sabbie mobili, perché è il terreno che lui meglio conosce, di cui fa parte e su cui si muove bene essendone, in questo momento, uno degli attori più in auge. In altre parole, Renzi, ha scelto di scendere nel campo unico dell’attuale partitocrazia, cercando di dominarlo nella sfida. Ma così alimenta soltanto ciò che, a parole, dice di voler cambiare. Perché quel terreno è, come lo chiama Marco Pannella, un “monopartitismo imperfetto”, quindi un Regime, cioè un blocco trasversale di Potere anti-liberale, anti-democratico e contro lo Stato di Diritto.

Non servirà mettersi alla testa del Potere per cambiarlo. Perché il problema non è la testa, ma il corpo. I latini sostenevano: “mens sana in corpore sano”. E’ l’antica saggezza a cui dovremmo far riferimento un po’ più spesso. Ecco, a tal proposito, è inutile avere uno, due o tre poli alla testa del sistema se il corpo di un tale Cerbero è uno ed uno soltanto. Ed è il corpo partitocratico, cioè un corpo malato. Per cambiare davvero le cose, in Italia, è necessario cambiare corpo e non aderire a quello partitocratico di centro-destra-sinistra, perché se ne resta complici e vittime. Bisogna, invece, rappresentarne un altro, con altri metodi, altre regole, nuove spinte liberali. Insomma, Renzi è caduto nella trappola. Non potrà più rappresentare il nuovo. Ci sono persone, invece, come il gruppo di Amici dell’Opinione, come pure tanti singoli cittadini, come alcuni movimenti e anche altri, che rappresentano un campo diverso, quello di una democrazia liberale da conquistare attraverso un nuovo Risorgimento.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:31