Non sarà Renzi a salvare il Pdl

Il quotidiano Libero, nei giorni scorsi, ha lanciato la sua ennesima provocazione (con relativo sondaggio) e ha invitato Matteo Renzi a passare nelle fila del centrodestra. 

Considerando, soprattutto, il “fuoco incrociato” che si è scatenato contro il primo cittadino fiorentino all’interno del Pd.

Più del 60% dei votanti si è espresso a favore del “cambio di schieramento”. 

Per i restanti l’opinione su Renzi è stata “Mi piace, ma è di sinistra”, mentre solo l’8% dei votanti si è dichiarato completamente contrario al sindaco del capoluogo toscano.

Se Renzi costituisce (e su questo sembra non esserci dubbio) una spina nel fianco dei vertici del Pd, l’esito della provocazione del quotidiano diretto da Belpietro potrebbe però, a sua volta, costituire uno spunto di riflessione anche per il Pdl, quantomeno per due motivi sintetizzabili con altrettanti, semplici, quesiti.

Il primo: «Alla voglia e alla necessità di rinnovamento che sono innegabilmente presenti (e lo stesso sondaggio lo sta a dimostrare) nel partito di Berlusconi, è possibile rispondere con la candidatura a premier dello stesso Cavaliere?».

Il secondo: «È possibile che in tutti questi anni, dalla nascita di Forza Italia in poi, negli “azzurri” non sia cresciuto nessuno in grado di rappresentare questo cambiamento tanto da far cercare l’outsider addirittura nello schieramento opposto?». 

Se così fosse, gli “azzurri” proprio bene non sono messi.

Non ci vuole molto ad ammettere (e i risultati delle più recenti consultazioni elettorali lo hanno confermato) che anche nel Pdl c’è la necessità di “cambiare aria” e non soltanto in senso metaforico. 

È necessario modificare nettamente strategie e, quindi, avere il coraggio di cambiare anche gli uomini. 

Limitarsi a ridere sotto i baffi osservando lo scompiglio creato in casa avversa da Renzi sarebbe sintomo, quantomeno, di stoltezza e scarsa lungimiranza politica. 

Poiché dimostrerebbe che non si è compresa fino in fondo la realtà. 

E che dunque la medesima necessità di “nuovo” che c’è nel Pd è presente anche nel Pdl (benché in maniera più velata). 

Non comprenderlo significherebbe gettare le basi ad una nuova, e forse definitiva, sconfitta elettorale.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:50