La riscossa liberale è possibile

Una grande riscossa liberale è divenuta possibile. Anche nel nostro paese. Certo, ci sarà da trovare un nuovo linguaggio e tirare fuori parole nuove, ma le parole nuove non potranno che nascere da quelle antiche. Antiche e non vecchie. Perché soltanto dalla memoria può nascere il futuro, cioè soltanto dall’antico può nascere il nuovo.

Nel 1871, l’anno successivo alla breccia di Porta Pia e alla presa di Roma da parte dei bersaglieri, Giuseppe Mazzini scrisse: «Noi vogliamo gli Stati uniti d’Europa, l’alleanza repubblicana dei popoli. Ma l’eterna questione del come, trascurata dagli altri, ci riconduce alla nostra fede. Senza patria, non è possibile ordinamento alcuno dell’umanità. Senza popoli non può esistere alleanza di popoli. E questi popoli devono essere liberi ed uguali, avere coscienza di sé, affermare la propria individualità e il proprio principio: essere insomma nazioni. L’umanità è il fine; la nazione, il mezzo».

Sono parole di impressionante attualità perché la crisi economica che stiamo vivendo ci riporta davanti agli occhi l’urgenza di realizzare il progetto istituzionale e politico degli Stati uniti d’Europa. Dunque, non bisogna confondere il senso che Mazzini dava alla parola “nazione” con le sempre pericolose derive nazionaliste. Non bisogna confondere la nazione, che è un mezzo, con il nazionalismo, che è un fine perseguito a discapito dell’umanità e della nazione stessa. Insomma, come abbiamo imparato sui libri di storia, Giuseppe Mazzini fu uno dei primi sostenitori degli “Stati uniti d’Europa” perché considerava l’unificazione Europea come una logica conseguenza dell’unificazione italiana. È una premessa importante e non va dimenticata. Ecco, allora, che l’obiettivo di una democrazia liberale può apparire oggi come un sogno ritrovato, forse una presunzione, visti i tempi, eppure la realtà stessa ci suggerisce una tale prospettiva politica e sociale. L’uscita dalla crisi, insomma, se ci pensiamo bene, passa attraverso un nuovo Risorgimento. E il Risorgimento italiano è stato liberale.

Può esserlo anche oggi? Gli Amici dell’Opinione ritengono di sì. Non possiamo smettere di immaginare il futuro. Del resto, la crisi di questi anni si è abbattuta sui cittadini, sulle istituzioni, sui sogni dei genitori non meno che sul futuro dei figli. Ma siamo ancora più rapiti dalla nostalgia del futuro. La voglia di realizzare i nostri sogni può ritornare ancora più forte di ieri. Perché abbiamo imparato dai nostri errori e fallimenti, perché sappiamo bene che altri sbagli ci attendono, ma non arresteranno il cammino di chi non ha perso la capacità di sognare. La crisi si è abbattuta sulla fiducia perduta nei confronti della classe dirigente del nostro Paese e sulle persone di ogni strato sociale diffondendosi come un virus tra la gente comune. Ecco perché, se il Risorgimento fosse soltanto e del tutto passato, le parole di Mazzini apparirebbero ormai svuotate di forza e quella storia sarebbe un riferimento vecchio, bolso, stantio. Invece, oggi, superato l’appuntamento per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ecco che quel sentimento liberale di allora ci appare vivo nella sua modernità, addirittura diventa illuminante nella sua contemporaneità e attualità.

Il Risorgimento non è uno dei tanti capitoli che si trovano scritti sui libri di storia, non è una pagina da studiare a casa prima dell’interrogazione, non è il retaggio romantico di un’Italia che non c’è. Anche se, in effetti, non si vedono all’orizzonte personalità come Garibaldi o Cavour. Ma forse ci sono: nella generazione dei padri come pure nelle nuove. E ciascuno potrebbe divertirsi a identificarne il volto, il nome, il corrispettivo dei giorni nostri. In altre parole, il Risorgimento è qualcosa che appartiene alle viscere stesse della nostra nazione e che guarda verso l’orizzonte dell’Europa federale sognata da Luigi Einaudi, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, riproposta negli anni da Marco Pannella e dai Radicali, rilanciata ovunque e con tenacia da Emma Bonino e Giuliano Amato e che noi abbiamo la fortuna di vivere e realizzare con un “salto” verso il futuro possibile, invece che subirlo come uno stallo dentro un passato probabile.

Perché l’Europa unita è un’idea che viene dal cuore stesso della nostra memoria e, dunque, è il nostro futuro. Perché non c’è futuro senza memoria. E se avremo o no un avvenire dipenderà da quanto sapremo coltivare il nostro sogno di libertà, di uguaglianza e di amore civile. Il Risorgimento, infatti, oggi come ieri, rappresenta la spinta liberale per un cambiamento profondo verso un futuro di libertà, di uguaglianza, di democrazia, di diritti civili ed umani. I moti rivoluzionari di allora, forse, trovano una corrispondenza nei moti che stiamo vivendo nel nostro animo. Per questo motivo, volenti o nolenti, siamo già dentro un nuovo Risorgimento.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:34