
Spegni il computer, metti il casco, allaccia la cintura, non bere bibite zuccherate. E mi raccomando: niente hamburger. Di mamma ce n’è una sola e quando ci si mette anche lo stato non va. Le regole di convivenza civile favoriscono il vivere insieme, ma se la politica entra nella vita di tutti i giorni, imponendo abitudini e passatempi, allora è giusto difendersi.
Lo stato salutista nuoce gravemente al paese. Non bastava l'idea di tassare il junk food, il cibo spazzatura. L’Ue torna alla carica, in particolare la Direzione Generale Salute della Commissione Europea, con una proposta che farebbe rabbrividire chiunque abbia a cuore il diritto al libero arbitrio. Inteso non necessariamente in senso religioso. Quello in discussione ora a Bruxelles è un provvedimento che vuole modificare la direttiva 2001/37/Ce sulla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco. E migliaia di tabaccai europei sono pronti ad insorgere.
I commissari intendono introdurre quattro novità: rendere tutte le sigarette uguali per sapore e gusto. Vietare l’esposizione dei tabaccai. Imporre alle case produttrici una confezione senza marchio e logo. Stampare immagini shock sui pacchetti. Il fumo uccide. È una certezza, ma ci ritroviamo puntualmente a dibattere su questo tema: eppur si fuma.
Si esprime a favore la senatrice dell'Api Emanuela Baio Dossi: «la politica deve favorire un corretto stile di vita e le sanzioni che verranno introdotte in Italia con il decreto Balduzzi lo testimoniano». «Non sono questi gli strumenti con cui combattere il tabagismo», replica Giovanni Rizzo, presidente nazionale della Federazione italiana tabaccai. Rizzo parla di misure demagogiche che non ridurranno le vendite delle sigarette. Anzi andranno ad ingrossare il mercato nero di questi prodotti, con il rischio di rilanciare in tutto il continente un contrabbando che all’Ue già costa 10 miliardi di euro ogni anno. «Gli effetti di queste misure sconsiderate saranno devastanti sulla rete di vendita controllata, a chiaro vantaggio della criminalità organizzata».
L’obiettivo dichiarato dalle istituzioni comunitarie è ridurre i consumi di tabacco dello 0,5% in venti anni. Molto poco. «Obiettivi ben più ambiziosi sono stati raggiunti con politiche di informazione agli stili di vita». Danni ben maggiori si prospettano nel settore produttivo. Di tabacco si vive, ricorda Paolo De Castro, presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo: «Lo dimostrano le 50mila imprese agricole che solo in Italia si occupano di questa produzione. Iniziative come questa non risolvono il problema. Fumare fa male, ma i cittadini vanno educati in altri modi, nelle scuole e in famiglia. Basti guardare cosa accade negli Stati Uniti e nelle farm della Kentucky Belt».
In questo modo, invece, si mette in ginocchio tutta la filiera, falsando la concorrenza e favorendo l’ingresso delle materie prime da altre parti del mondo. L’Europa che dice di essere vicina alle piccole imprese rischia di trasformarsi in un leviatano che interviene in modo invasivo sulle scelte individuali. L’opinione contraria della maggioranza non conta più. Lo stato prende tutto. Ultimo desiderio?
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:56