La furbizia è sempre un disvalore

Il bivio che la politica italiana si trova di fronte in questo momento è tra la furbizia della partitocrazia e l’intelligenza di un cambiamento liberale. Infatti, una cosa è la furbizia, altra cosa è l’intelligenza.

Non bisogna confondere i due concetti. La furbizia è istintiva ed egoista mentre l’intelligenza implica dedizione, ascolto, pazienza, coraggio, umiltà, onestà. La furbizia non è un valore, anzi: è un controvalore. In Italia, invece, la sottocultura dominante e anti-liberale ha diffuso la convinzione che la furbizia sia una valore e, di conseguenza, che l’ingenuità, al contrario, sia un difetto o una debolezza. Certo, ad un primo e superficiale sguardo, la furbizia sembra vincere sull’ingenuità perché la furbizia si insinua nelle fenditure del prossimo pensando a come ingannarlo per ricavarne un guadagno immediato. Del resto, la furbizia vive di affarismo, di becero raggiro, di tornaconto personale e, quindi, non si fa scrupoli, calpesta il prossimo, inganna tutti, mente a se stessa.

E così, nell’immediato, la furbizia sembra vincere sull’ingenuità, ma è un grosso abbaglio perché la furbizia è sterile, impotente e debole. Soprattutto, è debole. Infatti, si dimentica o si tende a far dimenticare che l’ingenuità non è debole, ma fragile. L’ingenuità, dunque, può essere vista come una fragilità precipua dell’intelligenza, cioè come una caratteristica dell’intelligenza. Anzi, l’intelligenza si connota proprio per la sua ingenuità perché l’intelligenza ha sempre una dose di ingenuità, più o meno ampia, che la accompagna. La furbizia implica l’adesione alla strada più semplice, più comoda, più immediatamente redditizia. La furbizia ha un respiro corto, non vede oltre il proprio naso, non è lungimirante, non si cura delle conseguenze. Insomma, la furbizia è stupida. La furbizia è stolta.

Definire una persona come “furba” significa, quindi, implicitamente, connotarla come “stupida”. A tal proposito, qualche giorno fa, al Meeting di Rimini, Mario Monti ha lanciato un «suggerimento» ai nuovi vertici di Viale Mazzini, invitando i Tg della Rai a non usare più l’aggettivo “furbi” per definire gli evasori fiscali perché, in tal modo, si finirebbe con il riconoscere delle qualità a chi commette un reato. «Non si possono trasmettere neppure in modo subliminale disvalori che distruggono la società», ha ammonito il premier, senza scendere in ulteriori dettagli. Ma la furbizia è un disvalore o, almeno, così dovrebbe essere in una cultura liberale. Purtroppo, invece, il Potere partitocratico ha eletto la furbizia a proprio valore di riferimento.

Ulisse, l’eroe omerico, ad esempio, non era un uomo “furbo” quanto, piuttosto, un uomo “astuto”, cioè intelligente. Perché l’intelligenza ha lo sguardo ampio, vede quello che la furbizia non si volta nemmeno a guardare. Infatti, il genio ha origine dall’intuizione e dalla sensibilità. Al contrario, la furbizia ha origine da una pulsione innata. L’intelligenza viene dalla memoria e, di conseguenza, ha una visione del futuro. L’intelligenza non è statica e non resta immobile, è sempre in movimento, ha immaginazione, cerca spesso nuove strade, amplia i propri confini, travalica qualsiasi schematismo.

La furbizia, invece, è chiusa nel proprio egoismo, difende l’orgoglio a scapito della dignità e non conosce rispetto né per se stessa né, tanto meno, per gli altri. La furbizia è tutta nel presente, non ha memoria, vive di fretta e non ha “urgenze” perché conosce soltanto la cupidigia, la contemporaneità, il profitto personale, istantaneo. La furbizia è ignorante, cioè ignora le conseguenze delle proprie azioni e non guarda al futuro. Ma non basta: la furbizia non prevede e non sa prevedere. In altre parole, non sa governare, ma soltanto comandare. La furbizia, perciò, è tipica del Potere fine a se stesso e ha come unico scopo quello di mantenere la posizione, il posto, il privilegio. A danno di tutto il resto. Degli altri. E di se stessa. Certo, l’intelligenza è ingenua e, di fronte alla  furbizia, nell’immediato, è perdente. Ma nel medio e lungo periodo l’intelligenza si dimostra sempre più lungimirante e, dunque, più longeva. E alla fine convince. 

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:58