La legge elettorale e gli scenari italiani

Con la ripresa della attività parlamentare e politica, dopo la pausa estiva, si ritorna a parlare, nel dibattito pubblico, delle necessità di modificare la legge elettorale in vigore, designata con il termine spregiativo porcellum.

La prossima settimana, precisamente mercoledì prossimo in base alle notizie diffuse in questi giorni, si dovrebbe riunire il comitato ristretto al Senato, nel quale sono rappresentati i maggiori partiti, per discutere gli aspetti essenziali del nuovo sistema elettorale. In tal modo diventerebbe possibile presentare alla commissione affari costituzionali del Senato una proposta di legge in materia elettorale, che sia condivisa dalla maggiori forze politiche.

I punti essenziali del nuovo sistema elettorale, intorno ai quali il confronto tra i maggiori partiti è stato segnato più da incomprensioni e divergenze che da reali intese politiche in vista di un nuovo sistema di voto, sono innumerevoli. In primo luogo viene da tutte le forze politiche riconosciuta la necessità di restituire ai cittadini la possibilità di scegliere mediante il proprio voto i propri rappresentanti, facoltà esclusa dalla legge elettorale in vigore. A questo proposito è emersa una diversità di punti di vista tra quanti invocano la reintroduzione delle preferenze e quanti, per evitare che il sistema delle preferenze alimenti le clientele ed il potere di ricatto delle criminalità sui parlamentari, prediligono i collegi uninominali. In più, secondo altre proposte avanzate nel dibattito politico, un numero ristretto dei seggi parlamentari dovrebbe essere assegnato attraverso piccole liste bloccate, nelle quali i candidati siano scelti dai partiti.

Nel caso si scelga il sistema dei collegi, escludendo le preferenze, per l’assegnazione dei seggi parlamentari, secondo i maggiori studiosi della materia ed i costituzionalisti è fondamentale capire se si tratterà di collegi dipendenti da un sistema elettorale proporzionale oppure maggioritario. In linea di principio, pare che vi sia la volontà da parte delle forze politiche di introdurre il sistema proporzionale, con la previsione di un premio di maggioranza. Su questo punto specifico vi è una diversità di posizioni tra coloro che vorrebbero che il premio di maggioranza fosse assegnato al partito che riesce a conquistare maggiori consensi, e questa è la posizione ufficiale del Pdl, e quanti invece, come il Pd, pensano che il premio di maggioranza debba essere attribuito alla coalizione che raccolga il maggiore numero di voti.

Come è stato giustamente osservato dai maggiori politologi, il ritorno al sistema proporzionale comporterebbe una serie di conseguenze, su cui è giusto meditare e riflettere. In primo luogo, il sistema proporzionale restituirebbe ai partiti un ruolo centrale, simile a quello esercitato nella prima repubblica, poiché dopo il voto dovrebbero dare vita ai governi di coalizione, e non è detto che governi con queste peculiari caratteristiche siano in grado di assicurare la stabilità e l’efficacia dell’azione di governo, di cui c’è necessità in un momento difficile come questo, dovuto alla emergenza economica. Inoltre, secondo i più attenti osservatori, i partiti politici delle seconda repubblica, a differenza di quelli della prima repubblica, hanno un debole profilo ideale ed una  evanescente  identità culturale, oltre a non essere radicati sul territorio. Inoltre con la introduzione del sistema elettorale proporzionale verrebbe vanificata la possibilità per i cittadini di scegliere contestualmente con il proprio voto sia il partito di riferimento sia la coalizione di governo, un fatto politico innovativo che ha contrassegnato lo sviluppo della seconda repubblica, dando vita al sistema bipolare, che ha dominato gli equilibri politici degli ultimi venti anni. Certamente i futuri assetti e la definizione dei nuovi equilibri politici  dipenderanno dal sistema elettorale che alla fine le forze politiche, dopo un ampio e libero confronto, decideranno di approvare.

In ogni caso, visto che vi è il rischio che una parte dei consensi dei cittadini confluisca nelle formazioni politiche che diffondono  e spargono il veleno dell’antipolitica in nome di un becero e volgare ed inconcludente populismo giustizialista, come quelle di Beppe Grillo e Antonio Di Pietro, è fondamentale scegliere un sistema elettorale che sia in grado di conciliare la rappresentanza democratica con l’esigenza della stabilità di governo. Il governo dei tecnici, guidato da Mario Monti, ha improntato la sua azione al rigore ed al risanamento finanziario, una linea apprezzata in sede europea, che il prossimo governo, qualsiasi sia la sua composizione e connotazione politica, dovrà proseguire nel nome dell’interesse nazionale.

Oramai si stanno delineando i possibili scenari per il futuro, dopo che si saranno svolte le consultazioni elettorali. Per alcuni vi sarà un governo di larghe intese basato su di una ampia coalizione, al quale verrà assegnato il compito di continuare l’azione di risanamento finanziario, imposta dalla Europa. Per altri, invece, si dovrebbe tornare alla naturale e fisiologica dialettica tra i due tradizionali schieramenti di centro destra e quello di centro sinistra, conservando l’assetto politico basato sul bipolarismo. In particolare con una intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera il segretario del Pdl Angelino Alfano, ha, nel delineare alcune proposte programmatiche sostenute dal suo partito, riaffermato la linea liberale del Pdl, insistendo sulla necessità di attuare una progressiva riduzione del debito pubblico in base ad un programma di dismissioni del patrimonio dello stato, in modo da abbattere il peso fiscale che grava come un fardello insostenibile sulle imprese e le famiglie ed avviare, in questo modo, la ripresa della economia italiana. Diversamente, nel campo del centro sinistra, l’alleanza che sta per realizzarsi e prendere forma tra Pd e Sel, la formazione della sinistra radicale guidata da Vendola, induce gli osservatori più attenti a dubitare che un governo con questi soggetti politici possa continuare l’azione di rigore e di risanamento del nostro Paese, necessaria e ineludibile perché imposta dalla Europa.

In ogni caso, al di là del sistema elettorale prescelto e della configurazione che assumerà il sistema politico con la definizione dei nuovi equilibri in vista delle alleanze per il periodo successivo al voto del 2013, il prossimo governo dovrà continuare la linea delle riforme e del rigore, per conciliare l’azione di risanamento finanziario con quella che sia capace di promuovere la crescita economica. Si spera che responsabilmente le maggiori forze politiche siano in grado di individuare un sistema elettorale equilibrato e efficace, grazie al quale il cittadino sia messo in grado di scegliere il partito, nel cui programma e profilo ideale si riconosca, il proprio rappresentante, e la coalizione politica, che dovrà guidare e governare il paese in futuro.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:58