Le ambizioni energetiche di Passera

La settimana di Ferragosto si è aperta come una normale settimana di calciomercato estiva: promesse, botti sicuri, campioni in arrivo, sconosciute meteore spacciate per fenomenali fuoriclasse. Pagine di dossier per le proposte del presidente della neopromossa in Serie A: la squadra Sviluppo. Parla, dirige, decide, allena il dottor Corrado Passera. L’Italia può e deve ripartire, ce la può fare, ma a certe condizioni, sottolinea il ministro.

Come tutti i presidenti che si rispettino, c’è da rinforzare la mediana, il reparto che fa girare gli altri, quello cui serve la spinta giusta per dare forza ed equilibrio allo schema. E allora che si riformi in ambito energia, il Bel Paese produce poco e maluccio, è troppo dipendente dall’estero: si può fare certamente di più di quel 10% di produzione interna rispetto alla domanda reale. Dice Passera che si può arrivare al 20% con poche mosse. Quali? Anzitutto estrarre più petrolio made in Italy, abbassando i vincoli ambientali per le trivelle, che al momento devono essere poste ad almeno dodici miglia marine dalla costa. La proposta già era stata avanzata in fase dibattimentale a maggio, ma l’altro Corrado, Clini, si oppose fermamente.

Peccato, gli rispondono dal ministero dello Sviluppo, così si perdono 15 miliardi di investimenti, 25mila posti di lavoro, 6 miliardi l’anno sulla bolletta energetica, in pratica uno 0,5 di Pil annuale. Il proposito di Passera è ambizioso, ma subito si scontra con le opposizioni ambientaliste e non solo. I Verdi, per bocca di Bonelli: Il piano per l’energia del ministro Passera? È semplicemente un esercizio di archeologia industriale ed energetica che affonda le proprie radici nel secolo scorso invece di guardare al futuro. È ormai evidente che il governo, con la scusa della crisi, ha deciso di svendere il territorio italiano alle multinazionali del petrolio autorizzando le trivelle selvagge nei nostri mari.

Invece di continuare a proporre ricette da prima rivoluzione industriale, il governo dovrebbe prendere esempio dalla Germania (che ha programmato di produrre l’80% della sua energia da fonti rinnovabili da qui al 2050) e dagli altri paesi europei che stanno investendo con forza sulle fonti rinnovabili e pulite. Di Pietro è, come sempre, più colorito: «Cosa vorrebbe fare infatti il geniaccio, stando a quello che pubblica oggi Repubblica? Semplice, moltiplicare le trivellazioni alla ricerca del petrolio e tagliare i fondi per la ricerca sulle rinnovabili, cioè sulla strada che tutta l’Europa considera l’orizzonte del futuro, da cui prestissimo dipenderanno lo sviluppo, la crescita e il risparmio». È «un colpo alla salute, all’ambiente e all’economia del paese», chiosa l’ex pm di mani pulite. E sui rigassificatori, altro punto importante della proposta-Passera, si è schierato contro il leader del Prc, Ferrero, su una linea molto vicina a quella dei Verdi.

E se fin qui le alzate di scudi dei politici più attenti all’ambiente erano abbastanza prevedibili, al limite del «te lo avevo detto io!», come se in Italia non fossero mai esistiti fronti No-Tav o No-nucleare, la disconnessione del ministro tecnico con la storia ed il costume patrio sembra essere ancora di là dal venire meno. In tema di comunicazioni infatti, secondo grande caposaldo della revisione sviluppista, sarà internet una delle chiavi determinanti della crescita del futuro prossimo. La cosiddetta Agenda Digitale prevede la fine di ogni tipo di digital divide tra le varie parti del paese. Il piano sembra quasi un quinquennale ex-Urss: i quattro milioni di italiani senza connessione devono essere subito messi in grado di averne una veloce e funzionante. Tutto ciò entro un anno e mezzo: per la fine del 2013 l’accesso al web e la banda larga dovranno essere condizioni minime accessibili a tutti e, possibilmente, utilizzate da tutti. Per arrivare poi al traguardo del 2030, quando, secondo l’Ue, tutti dovranno avere i collegamenti super-veloci in casa. Il problema qui, oltre che infrastrutturale, è anche di utilizzo civile-culturale del mezzo. Il web in Italia sta diventando faticosamente un servizio, anche se il suo utilizzo per l’entertainment è ancora pesantemente maggioritario.

L’idea alla base di Passera è quella di digitalizzare le burocrazie al fine di rendere internet un mezzo indispensabile. Contemporaneamente le imprese saranno spinte sempre più all’e-commerce, facendo diventare così la Rete un insieme di servizi e mercato. Difficile spiegare tutto ciò ad uno dei paesi più anziani del mondo, più facile farne speranza, appunto, tra una ventina d’anni. Nel frattempo, però, sarà necessario per i Passera imparare a confrontarsi con il paese reale, quello dei lavori lenti, spesso malfatti, e della difesa dell’ambiente. I tecnici vogliono riformare antecedendo i tempi perché sanno che prevenire è meglio che curare. Altro paio di maniche è però sintonizzarsi con quello che la storia del paese suggerisce, non tanto per uniformarcisi, quanto per capirne le (poche) virtù e i (tanti) vizi. Se la rivoluzione s’ha da fare, almeno la si faccia partendo dal calpestare le umili terre su cui tutti quanti camminiamo. Bisogna normalizzare e modernizzare gli italiani, prima dell’Italia.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:59