Pena capitale, barbara e antieconomica

La pena di morte e la sua disumana applicazione sono diventate sempre di più nel tempo un affare interno alle dittature asiatiche, comuniste come la Cina (4 mila persone uccise) e la Corea del Nord ( 30) o islamiche come l’Iran (676), l’Arabia Saudita (82) , l’Iraq (68) e lo Yemen (41). Per quei paesi liberi che ancora la praticano, come il Giappone che proprio ieri ha eseguito altre due sentenze di morte portando a 5 il macabro bilancio del 2011 o gli Stati Uniti che detengono il non invidiabile record di esecuzioni del mondo libero e democratico dell’occidente con 43 detenuti messi a morte lo scorso anno, si profila nel futuro un importante scelta a causa della assoluta anti economicità del ricorso a questa barbara pena.

Proprio l’America potrebbe diventare abolizionista di fatto, come lo sono tanti altri paesi tra cui l’India e il Messico monitorati nel Rapporto annuale di “Nessuno tocchi Caino”, presentato ieri mattina nella sede del partito radicale a via di Torre Argentina alla presenza del vice presidente del Senato, Emma Bonino, del ministro degli Affari esteri, Giulio Terzi, del  sottosegretario Staffan de Mistura, di Demba Traorè, segretario del Partito radicale transnazionale di Marco Pannella, di Sergio D’Elia, segretario di “Nessuno tocchi caino” e di Elisabetta Zamparutti, deputata radicale. Si è calcolato che negli ultimi anni solo in California sia stata spesa una cifra pari a 308 milioni di dollari per ciascuna delle 13 esecuzioni compiute, compresi i costi del tenere i detenuti nel braccio della morte. Ucciderli dopo averli tenuti nel  braccio della morte è molto più costoso tra annessi e connessi che tenerli semplicemente all’ergastolo. Per la California, che a novembre terrà un referendum abolizionista di tipo economico non umanitario, quei 4 miliardi di euro potevano sicuramente essere investiti meglio visti gli attuali chiari di luna. E lo stesso discorso vale per tutti gli States: i 43 messi a morte del 2011 se fossero stati posti all’ergastolo sarebbero costati al contribuente americano “solo”  500 mila dollari fino al decesso in galera di ogni singolo ergastolano. Come ogni anno sarà premiato il paese abolizionista del periodo in questione, per il 2011 toccherà alla Sierra Leone.

Tornando a un ritratto di tipo geopolitico della pena di morte, si può notare che, ancora una volta, l’Asia si conferma essere il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo. Se stimiamo che in Cina vi sono state circa 4.000 esecuzioni (circa mille in meno rispetto al 2010), il dato complessivo del 2011 nel continente asiatico corrisponde ad almeno 4.931 unità (il 98,6%), in calo rispetto al 2010 quando erano state almeno 5.855. 

Le americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti, l’unico paese del continente che ha compiuto esecuzioni (43) nel 2011.

In Africa, nel 2011, la pena di morte è stata eseguita in 4 paesi (erano stati 6 nel 2010) e sono state registrate almeno 24 esecuzioni: Somalia (almeno 11), Sudan (almeno 7), Sudan del Sud (5), Egitto (almeno 1). Nel 2010 le esecuzioni effettuate in tutto il continente erano state almeno 43, nel 2009 almeno 19, come nel 2008 e contro le almeno 26 del 2007 e le 87 del 2006. In Europa, la Bielorussia continua a costituire l’unica eccezione in un continente altrimenti totalmente libero dalla pena di morte. Nel 2011 due uomini sono stati giustiziati per omicidio e altri due sono stati fucilati nel 2012. I paesi o i territori che hanno deciso di abolirla per legge o in pratica sono oggi 155. Di questi, i paesi totalmente abolizionisti sono 99, gli abolizionisti per crimini ordinari sono 7, quelli che attuano una moratoria delle esecuzioni sono 5, i paesi abolizionisti di fatto, che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte, sono 44. 

I paesi mantenitori della pena di morte nel 2011 sono saliti a 43 rispetto ai 42 del 2010 sol perché il Sudan del Sud ha guadagnato l’indipendenza dal Sudan nel luglio del 2011 mantenendo la pena di morte. I paesi mantenitori sono comunque progressivamente diminuiti nel corso degli ultimi anni: erano 45 nel 2009, 48 nel 2008, 49 nel 2007, 51 nel 2006 e 54 nel 2005. Nel 2011, i paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali sono stati 19, rispetto ai 22 del 2010, ai 19 del 2009 e ai 26 del 2008. Nel 2011, le esecuzioni sono state almeno 5.000, a fronte delle almeno 5.946 del 2010, delle almeno 5.741 del 2009 e delle almeno 5.735 del 2008. Il calo delle esecuzioni rispetto agli anni precedenti si giustifica con il significativo calo delle esecuzioni stimato in Cina che sono passate dalle circa 5.000 del 2010 alle circa 4.000 del 2011. Nel 2011 e nei primi sei mesi del 2012, non si sono registrate esecuzioni in 4 Paesi – Bahrein, Guinea Equatoriale, Libia e Malesia – che le avevano effettuate nel 2010.

Viceversa, 4 paesi hanno ripreso le esecuzioni: Afghanistan (2) e Emirati Arabi Uniti (1) nel 2011; Botswana (1) e Giappone (3) nel 2012. Continuano anche le esecuzioni a Gaza da parte di hamas, tre nel 2011. Negli Stati Uniti, nessuno Stato “abolizionista” ha reintrodotto la pena di morte, ma l’Idaho, che non compiva esecuzioni dal 1994, ne ha effettuate due, una nel 2011 e un’altra nel 2012. Infine una notazione positiva persino per la Cina: dopo che nel 2007 è passata una legge secondo cui, in vista delle Olimpiadi di Pechino dle 2008, ogni sentenza di morte doveva esere rivista dalla Corte suprema cinese, c’è stata una diminuzione media di un quinto delle esecuzioni ogni anno. Passando dai circa sette, ottomila casi dell’epoca agli attuali 4 mila. Inoltre 13 reati dei precedenti sessantotto, tutti riguardanti i colletti bianchi e i funzionari del partito comunista cinese, non comportano più la pena di morte.

Il problema dei problemi resta l’Iran, come massimo esempio anche dell’applicazione della shar’ia islamica, perchè dei 676 messi a morte nel 2011, molte erano donne lapidate per infedeltà coniugali, per non parlare degli omosessuali impiccati in piazza alle grù le cui immagini fanno periodicamente il giro del mondo. Purtroppo, per venire a capo di paesi canaglia come l’Iran, oggi come oggi non bastano e non basteranno nel prossimo futuro tutte le organizzazioni umanitarie come “Nessuno tocchi Caino”, presenti nel mondo. Per l’anno in corso, e per il  prossimo rapporto, “Nessuno tocchi Caino” si prefigge di aggiungere almeno altri 4 paesi ai 56 che hanno abbandonato la pena capitale dalla nascita dell’organismo della galassia del partito radicale transnazionale. Una mano, nei paesi occidentali, tra cui gli Usa, potrebbe darla la pressochè totale scomparsa del Penthotal e del Pentobarbital  dalla disponibilità delle farmacie e degli ospedali specializzati per non parlare delle azioni di boicottaggio contro le aziende farmaceutiche che li producono.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:07